COMUNICAZIONE TRIBUTARIA 65  (versione pdf. )

 

 

Roma, 5 agosto 2009

 

 

Oggetto: Prime analisi delle disposizioni fiscali contenute nella c.d. “Manovra anti-crisi” – D.L. 1 luglio 2009, n. 78  alla luce della legge di conversione.

 

 

 

Sommario

1. Premessa.

2. Valutazioni di politica fiscale sulle disposizioni del decreto alla luce delle modifiche apportate dalla legge di conversione.

2.1. Agevolazioni sugli investimenti e sulla capitalizzazione delle imprese.

2.2. Evasione fiscale -  paradisi fiscali - scudo fiscale.

2.3. La revisione 2009 degli Studi di settore.

3. Commento sintetico delle singole disposizioni contenute nel decreto alla luce della legge di conversione approvata definitivamente dal Senato.

3.1 Detassazione degli investimenti – c.d. Tremonti-ter (articolo 5)

3.2. Premio alla capitalizzazione delle società.

3.3 Modifica dei coefficienti di ammortamento sui beni strumentali di impresa (articolo 6)

3.4 Ulteriore deduzione dei crediti in sofferenza per gli enti creditizi (articolo 7)

3.5 Limitazioni alla compensazione dei crediti tributari (articolo 10)

3.5.1. Obbligo della preventiva presentazione della dichiarazione Iva per compensare crediti superiori a 10 mila euro.

3.5.2 – Procedura telematica e visto di conformità per la compensazione di crediti Iva – i risultati dell’azione confederale.

3.5.3  Ulteriori possibili limiti all’ottenimento dei rimborsi dei crediti Iva.

3.6 Contrasto alle attività finanziare illegalmente detenute in paradisi fiscali – presunzione di evasione (articolo 12)

3.7 Contrasto agli arbitraggi fiscali internazionali attraverso una estenzione della disciplina delle CFC (Controlled Foreign Corporations) (articolo 13)

3.8 Rimpatrio dei capitali detenuti illegalmente in paradisi fiscali – c.d. scudo fiscale (articolo 13-bis)

3.9 Imposta sulle plusvalenze dei metalli preziosi per uso non industriale (articolo  14)

3.10 Rateizzazione dell’Iva da adeguamento agli studi di settore (art. 15, comma 6)

3.11 Comunicazione unica per la nascita dell’impresa (art. 23, comma 13)

4. Terremoto Abruzzo: effettuazione dei versamenti e degli altri adempimenti fiscali sospesi (art. 25, commi 2-3)

 


1. Premessa

Il decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, entrato in vigore lo stesso giorno e successivamente convertito in legge 3 agosto 2009, n. 102, rappresenta una ulteriore manovra messa a punto dal Governo al fine di fronteggiare la crisi economica, attraverso interventi a sostegno delle imprese, del lavoro e della lotta all’evasione.

In particolare, tra le misure fiscali più rilevanti si segnalano l’introduzione di una detassazione degli utili reinvestiti in macchinari, l’utilizzo in compensazione dei crediti IVA di importo superiore a 10.000 euro, la proroga per l’attuazione della procedura di comunicazione unica in caso di costituzione dell’impresa e le iniziative volte a rafforzare la disciplina CFC([1]).

In questa sede si cercherà di effettuare una valutazione complessiva sugli indirizzi di politica fiscale disposti dal decreto, anche alla luce delle modifiche apportate dalla legge di conversione, per poi illustrare, sommariamente, i punti nodali dei singoli interventi accompagnati da eventuali spunti critici di carattere particolare.

2. Valutazioni di politica fiscale sulle disposizioni del decreto alla luce delle modifiche apportate dalla legge di conversione.

Sul fronte delle politiche fiscali il decreto appare ancora carente, in questo perfettamente in linea con i precedenti interventi normativi, a partire dal DL 112/2008 fino al DL n. 5/2009.

Siamo, infatti, di fronte al solito decreto che tenta di aggiustare qua e là senza dimostrare una chiara e limpida visione o strategia fiscale che possa contribuire o anche solo alleviare la pressione del fisco sulle imprese. Si ritiene, infatti, che occorrerebbe trovare le risorse tramite una concreta attività di smantellamento dell’apparato burocratico dello Stato, a cominciare dalla Province, in modo da ridurre in modo drastico la pressione fiscale sulle imprese.

La “lotta al fisco” deve essere più propriamente inquadrata nella ormai insostenibile pressione fiscale, ed in questa fase di crisi economica, nella pressione fiscale che prescinde dalla formazione del reddito.

Si pensi, ad esempio, alla TARSU o alle tariffe che l’hanno sostituita ovvero all’ICI dovuta sui beni immobili strumentali delle imprese. Si tratta di spine nel fianco per le imprese che diventano ancora più gravose nelle situazioni di crisi economica quale quella che purtroppo si sta vivendo.

2.1. Agevolazioni sugli investimenti e sulla capitalizzazione delle imprese

Sebbene siano state disposte delle misure di agevolazione alle imprese (articolo 5 del decreto) quali: la detassazione degli investimenti delle imprese nonché sgravi fiscali pari al 3% per cinque anni dei conferimenti in società di capitali, per capitalizzazioni fino a € 500.000 (inserita dalla legge di conversione), queste appaiono di scarsa rilevanza in assoluto e, comunque, non orientate al comparto delle imprese personali.  Peraltro l’agevolazione sugli investimenti si limita ai soli beni compresi nella divisione 28 della tabella ATECO non includendo, perciò una serie di beni (computer, software, autoveicoli per il trasporto merce, ecc.) di notevole importanza per rilevanti settori economici.

Si ritiene infatti, che gli incentivi fiscali riconosciuti in ragione degli investimenti effettuati ovvero della capitalizzazioni delle società, potrebbero avere un senso solamente nella fase di ripresa, ma sicuramente non allevierebbero il peso fiscale sulle imprese che, nonostante il forte abbassamento dei ricavi, ancora resistono mantenendo stoicamente l’occupazione. In considerazione della scarsità delle risorse, per il 2009 avrebbe potuto essere prevista una sola agevolazione fiscale, orientata a premiare tutte le imprese che, pur avendo registrato una riduzione dei ricavi avessero mantenuto l’occupazione (vedi emendamento predisposto dalla confederazione).

2.2. Evasione fiscale -  paradisi fiscali - scudo fiscale

Riguardo poi alle disposizioni volte a contrastare l’evasione fiscale posta in essere tramite indebite compensazioni di crediti (articolo 10) ovvero l’esportazione illegale in paradisi fiscali di attività finanziarie generate da redditi evasi (articoli 12 e 13) occorre sottolineare, con forza, una evidente contraddizione. Se si condivide - in generale - l’obbiettivo di una efficiente lotta all’evasione fiscale, risulta incomprensibile l’obbiettivo di prevedere dei condoni per coloro che hanno esportato all’estero la loro base imponibile occultata al fisco, peraltro pagando una cifra a dire poco ridicola, cioè pari al 5% dell’ammontare rimpatriato (articolo 13-bis del DL n. 78/2009).

E’ vero che, a fronte delle disposizioni sullo scudo fiscale potrebbe essere contrapposto l’interesse più generale del rientro dei capitali in Italia, ma se non vengono poste delle premesse strutturali volte a rendere nuovamente convenienti gli investimenti nel nostro Paese, è certo che prima o poi i capitali verranno riesportati legalmente ovvero, più probabilmente, illegalmente all’estero.

In questo contesto la disposizione, anche forte, che prevede per i redditi esportati o detenuti illegalmente all’estero, la presunzione di redditi che derivano da evasione, risulta poca cosa, almeno fino a quando non vengano realizzate le premesse reali di una più efficiente attività di intelligence da parte dell’Amministrazione finanziaria.

In questo quadro, risultano comunque apprezzabili gli sforzi operati in seguito alle modifiche apportate dalla legge di conversione, volti a ridurre l’impatto in termini di adempimenti della norma che limita le compensazioni dei crediti IVA, aumentando da 10 mila a 15 mila euro l’importo per cui è necessaria la “certificazione” del credito ed includendo nei “certificatori” anche i Caf-imprese, elementi da noi suggeriti (vedi emendamenti proposti).

2.3. La revisione 2009 degli Studi di settore 

Riguardo poi agli Studi di settore, occorre rilevare con altrettanto sconcerto lo stralcio dal maxiemendamento del Governo presentato alla Camera della disposizione che concedeva maggior tempo per la revisione ordinaria degli Studi di settore per il 2009, proprio finalizzata a creare le premesse per effettuare una revisione periodica dello strumento più approfondita e, consentire di realizzare una revisione regionalizzata dello Studio di settore riguardante il settore delle Costruzioni (si tratta di più di 200 mila contribuenti) e, comunque, già orientata alla predisposizione dei correttivi congiunturali del 2009.

E’, infatti, da tutti condiviso che la crisi economica ha colpito più duramente il 2009 e a tale proposito si era tutti impegnati nello spostamento della data di approvazione degli Studi di settore validi per il 2009, in modo temporaneo, dalla fine del mese di settembre 2009 in poi (vedi emendamento proposto). Questa norma, presente in una prima versione del maxiemendamento, è stata poi eliminata ufficiosamente dal Parlamento non essendo stata discussa in Commissione (elemento emerso dalla stampa specializzata). 

Si ritiene, infatti, necessaria una efficace revisione ordinaria sul 2009, per la stessa applicabilità degli Studi di settore (cfr Com. trib. 24.07.2009  n. 58).

Quello che ci si aspetta è una revisione dello strumento sul 2009 ben più incisiva ed in linea con i devastanti effetti della crisi economica nel comparto delle PMI. Dal nostro punto di vista, infatti, a prescindere dalle aspettative di una migliore selezione e di un migliore contraddittorio, è fondamentale evitare a tutti i costi che si arrivi a stime di ricavi infondate.

In ogni caso, ma a maggior ragione nei periodi di crisi economica, è bene evitare di incrementare l’ansia dei contribuenti con uno spettro di una possibile contestazione da parte del fisco, anche se mirata. Sempre sul versante degli Studi di settore, risulta quantomeno apprezzabile sul piano finanziario la possibilità di rateizzare l’IVA dovuta a seguito di adeguamento agli stessi.

3. Commento sintetico delle singole disposizioni contenute nel decreto alla luce della legge di conversione approvata definitivamente dal Senato

3.1 Detassazione degli investimenti – c.d. Tremonti-ter (articolo 5)

     L’agevolazione introdotta dall’articolo 5 del D.L. n. 78/2009 si inserisce nel quadro delle due precedenti agevolazioni concepite dal Ministro Tremonti([2]) per favorire le imprese che investono, da qui l’appellativo di “Tremonti-ter”. 

Tale agevolazione prevede una deduzione dal reddito d’impresa pari al 50% del valore degli investimenti in beni strumentali di nuovi macchinari o nuove apparecchiature([3]) compresi nella divisione 28 (fabbricazione di macchinari ed apparecchiature n.c.a.) della tabella ATECO 2007([4]), realizzati nel periodo compreso tra il 1 luglio 2009 ed il 30 giugno 2010.

L’agevolazione, pertanto, si rende applicabile con riferimento ai periodi d’imposta in relazione ai quali si effettuano gli investimenti in beni strumentali prodotti da aziende che svolgono le attività comprese nella divisione 28 della codificazione ATECO-2007.  In altre parole al fine di osservare l’agevolabilità o meno di un investimento, occorrerà individuare se il bene sia stato prodotto nell’ambito della attività codificata nella divisione 28 dei codici ATECO-2007

Volendo operare un confronto tra il predetto meccanismo agevolativo e quello risultante dall’applicazione delle disposizioni contenute nella L. n. 383/2001 (c.d. Tremonti-bis), si precisa  che la presente agevolazione risulta molto più favorevole con riferimento al volume degli investimenti detassabili che sono considerati per il loro intero valore, diversamente da quanto avveniva nel 2001 con la citata Tremonti-bis, la quale si limitava a considerare la parte incrementale degli investimenti realizzati tenendo conto della media risultante negli esercizi precedenti.

Risulta, invece, molto più limitata se si pensa che, sotto il profilo soggettivo, interessa soltanto quei soggetti titolari di reddito d’impresa, con esclusione dei percettori di reddito di lavoro autonomo, e, sotto il profilo oggettivo, agevola solo gli investimenti in macchinari e apparecchiature compresi nella divisione 28 della tabella ATECO – fabbricazione di macchinari ed apparecchiature non classificate altrove – senza considerare gli impianti, i beni strumentali, nonché gli immobili strumentali per natura. Infine, anche il periodo concesso per realizzare gli investimenti agevolabili è significativamente più breve in quanto è limitato ad un anno, contro i precedenti 18 mesi.

Viene riproposta, come nelle passate agevolazioni Tremonti, la regola per cui i soggetti titolari di attività industriali a rischio di incidenti sul lavoro, possono usufruire della detassazione solo nel caso in cui venga documentato l’adempimento degli obblighi e delle prescrizioni di cui al D.Lgs. n. 334/1999, come modificato dal D.Lgs. n. 238/2005.

Infine, il decreto in esame prevede che l’agevolazione venga revocata, nel caso in cui, prima del secondo periodo di imposta successivo all’acquisto, gli investimenti agevolati vengano:

-          ceduti a terzi,

-          destinati a finalità estranee all’esercizio d’impresa.

La legge di conversione precisa, inoltre, che l’agevolazione venga revocata nel caso in cui i beni oggetto degli investimenti siano ceduti a soggetti aventi stabile organizzazione in Paesi non aderenti allo Spazio economico europeo.

A prescindere dalla critica effettuata in premessa sull’opportunità di prevedere al momento un’agevolazione sugli investimenti, la limitazione ai soli beni compresi nella divisione 28 della tabella ATECO, appare troppo limitativa in quanto esclude dal favore una serie di beni (computer, software, autoveicoli per il trasporto merce, ecc.) di notevole importanza per rilevanti settori economici. Proprio per questo motivo, nella fase di conversione del provvedimento, oltre a suggerire un emendamento volto a conferire una agevolazione per chi non ha operato licenziamenti, nonostante abbia subito la crisi economica, si è anche suggerita una estensione dell’agevolazione a tutti i beni acquisiti dalle imprese, trovando la copertura finanziaria di tale ampliamento nell’apposizione di un tetto massimo all’ammontare degli investimenti annui che ogni singola impresa può detassare (vedi nostro emendamento). Solamente così si sarebbe in presenza di una maggiore garanzia che l’agevolazione determini:

-          uno stimolo alla ripresa della domanda in beni strumentali per cui si rendesse applicabile;

-          una riduzione del peso fiscale di chi effettui investimenti che conducono all’ampliamento della capacità produttiva, cercando di anticipare la ripresa della domanda interna ed internazionale.

In altre parole, in questo momento storico, sarebbe stato auspicabile agevolare chi ha subito e subisce la crisi economica in termini di riduzione pesante di ricavi, e si ritiene che la Tremonti-ter, cosi come appare, risulti  comunque scarsamente efficace.

3.2. Premio alla capitalizzazione delle società (articolo 5, c. 3-ter)

La legge di conversione al DL n. 78/2009, approvata definitivamente dal Senato il 1° agosto 2009, ha introdotto una specifica agevolazione per tutte le persone fisiche (quindi non società) che incrementino il capitale sociale di società di persone e di società di capitali, ai sensi degli articoli 2342 e 2464 del c.c.([5])

Il premio consiste in una deduzione aggiuntiva determinata nella misura del 3% degli incrementi di capitale nel limite di € 500 mila, effettuati nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore della legge di conversione. La deduzione aggiuntiva così determinata, sarebbe fruibile per il periodo d’imposta in relazione al quale si effettui l’incremento di capitale e per i quattro successivi. Data la locuzione utilizzata dal legislatore, la deduzione aggiuntiva dovrebbe essere riconosciuta sia nell’ambito delle imposte dirette sia nell’ambito dell’IRAP.

E’ da ritenersi che, sia per la misura agevolabile, che per la tipologia di agevolazione, si tratti di una disposizione che potrebbe portare in concreto dei benefici esclusivamente alle società di capitali e peraltro di media grande dimensione.

Nelle  tabelle di seguito esemplificate vengono illustrati gli effetti in termini concreti e percentuali dei possibili benefici dell’agevolazione, anche al fine di una migliore comprensione del funzionamento del meccanismo della stessa.

 

Tabella n. 1 – Esame degli effetti dell’agevolazione sugli incrementi del capitale delle imprese.


* Per la società di capitali si è applicata l’aliquota IRES di imposizione del 27,5% mentre per le società di persone si è ipotizzata un’aliquota IRPEF media dei soci del 25% ed una aliquota IRAP del 3,90%.

Dalla tabella risulta evidente come l’agevolazione abbia una sua concretezza solamente per le società di capitali, nelle quali è più probabile un aumento di capitale consistente.

Da un altro punto di vista l’agevolazione concede una defiscalizzazione del 3% del rendimento del nuovo capitale investito nella società. In questo modo il rendimento effettivo del capitale, cioè al netto dell’imposizione fiscale, si incrementa. Al fine di chiarire ulteriormente quanto appena indicato, nella successiva tabella si evidenzia l’incremento del rendimento del capitale investito, nell’ipotesi di un rendimento del capitale sociale (ROE) del 12%.

 

Tabella n. 2 – effetti dell’agevolazione sulla capitalizzazione delle imprese sul rendimento dell’incremento di capitale.

* Nella tabella si sono ipotizzate le aliquote utilizzate nella tabella precedente.

 

Dalla tabella appare in modo ancora più evidente che il vantaggio individuato dalla norma risulta

alquanto esiguo.

3.3 Modifica dei coefficienti di ammortamento sui beni strumentali di impresa (articolo 6)

Una novità significativa del D.L. n. 78/2009 è rappresentata dalla revisione, entro la fine del 2009, dei coefficienti fiscali di ammortamento dei beni strumentali di impresa previsti dal D.M. 31 dicembre 1988. Tale revisione prevede:

-          l’incremento dei coefficienti relativi ai beni a più avanzata tecnologia o che producono risparmio energetico;

-          la contestuale compensazione con diversi coefficienti relativi ai beni, industrialmente meno strategici.

Occorre sottolineare che, la rivisitazione della tabelle di ammortamento non determina una riduzione della pressione fiscale. Si tratta, infatti, di uno spostamento temporale in avanti o in indietro nel tempo della deduzione del costo del bene strumentale, secondo la sua natura. E’ vero, infatti, che nel caso di bene per cui la percentuale di ammortamento venga incrementata, una volta ultimata la procedura di ammortamento fiscale, la prosecuzione della deduzione civilistica del bene diverrebbe indeducibile fiscalmente.

Proprio per questo motivo, si giudica quantomeno discutibile, la previsione che dalla rielaborazione delle quote di ammortamento non debbano emergere maggiori oneri per lo Stato. Se, infatti, si ritiene, come è necessario, rivedere complessivamente le tabelle di ammortamento non vi devono essere dei vincoli nel bilancio dello Stato, ma solamente la considerazione delle mutate logiche economiche-aziendali, in termini di usura ed obsolescenza dei beni strumentali.

3.4 Ulteriore deduzione dei crediti in sofferenza per gli enti creditizi (articolo 7).

Al fine di aiutare le banche per fronteggiare l’incremento dei crediti in sofferenza a ragione della crisi economico finanziaria, l’articolo 7 del DL n. 78/2009, prevede l’incremento delle percentuali di deduzione dal reddito d’impresa, della svalutazione dei crediti e degli accantonamenti al fondo rischi, su crediti con riferimento esclusivo agli enti creditizi e finanziari di cui al D.Lgs n. 87/1992.

La norma fa esclusivo riferimento all’incremento dei crediti registrato nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2009 (generalmente il 2010), rispetto alla media dei crediti erogati nei due esercizi precedenti.

In altre parole, a seguito delle modifiche all’articolo 106 del TUIR, a decorrere dal 2010 gli enti creditizi ogni anno potranno dedurre dal reddito d’impresa svalutazioni  e/o accantonamenti pari:

-          allo 0,30% del crediti risultanti dal bilancio;

-          ad un ulteriore 0,20% in ragione del crediti che risultino incrementali rispetto ai crediti medi risultanti dal bilancio del biennio precedente.

Con tutta evidenza, si tratta di una misura volta a considerare gli effetti che una crisi economica può avere nel sistema creditizio a regime. La norma, infatti, sterilizza, consentendo una ulteriore deduzione dal reddito d’impresa, le ipotesi in cui vengano registrate delle impennate nell’aumento dei crediti in ragione di una crisi di liquidità nel sistema del Paese, connessa ad un incremento della probabilità di avere dei crediti in sofferenza. Nella sostanza, la norma pone in relazione l’esigenza di una maggiore erogazione di crediti da parte del settore bancario, per sopperire alla crisi di liquidità del sistema delle imprese, con la maggiore probabilità del medesimo di avere dei crediti in sofferenza (Sulla esigenza delle PMI di godere di maggiori crediti bancari vedi l’”Avviso comune” pubblicato nel sito web della Confederazione).

3.5 Limitazioni alla compensazione dei crediti tributari (articolo 10)     

     L’intervento operato dal D.L. n. 78/2009 nel sistema delle compensazioni dei crediti fiscali risponde ad un duplice obiettivo; il primo, volto a contrastare gli abusi nell’utilizzo fraudolento dell’istituto da parte delle imprese, al fine di incrementare la propria liquidità, il secondo volto a realizzare un incremento delle compensazioni fiscali, come si evince dalla rubrica della norma. E’ importante premettere che, sempre nell’ottica del contrasto ad indebiti utilizzi di credito è stata anche esclusa la possibilità di definizione agevolata della sanzione, mediante il pagamento di un importo pari ad un quarto della sanzione irrogata dall’Ufficio, nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti, con l’applicazione della sanzione dal 100 al 200% della misura dei crediti stessi (articolo 10, comma 1, lettera a), n. 8 del DL n. 78/2009)

Pertanto, si assiste ad una modifica dell’istituto delle compensazioni disciplinato dall’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997, secondo cui i contribuenti che eseguono versamenti unitari delle imposte, tributi e contributi, possono compensare gli eventuali crediti già realizzati, tramite la loro esposizione nel modello di versamento unitario F24.

Si segnala, inoltre,che tali modifiche sulle compensazioni, entrate in vigore il 1° luglio 2009 nello stesso giorno della pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale, hanno effetto solo a decorrere dal 1° gennaio 2010, come chiarito lo scorso 2 luglio da un Comunicato stampa dell’Agenzia dell’Entrate. La scelta è volta ad evitare la disparità di trattamento con tutti quei contribuenti che, entro il 16 giugno avessero già effettuato i versamenti di UNICO mediante compensazione, pertanto, le attuali modalità di esercizio delle compensazioni non saranno soggette a modifiche fino al prossimo 31 dicembre 2009, in quanto la nuova procedura di fruizione dei crediti IVA in compensazione, prevede la realizzazione di specifiche applicazioni informatiche di monitoraggio che richiedono ampi tempi tecnici.

Le limitazioni alla compensazione dei crediti di seguito meglio messe in evidenza vengono parzialmente bilanciate dalla possibilità di elevare da 516.456,90 a 700.000 euro per ciascun anno solare, a decorrere dal 1° gennaio 2010,  il limite massimo dei crediti d’imposta e dei contributi compensabili ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997, tuttavia da attuare tramite apposito decreto (articolo 10, comma 1, lettera b), n. 1 del D.L. n. 78/2009) Nel prosieguo verranno illustrate nel dettaglio le modifiche previste in materia di compensazione dei crediti fiscali.

3.5.1. Obbligo della preventiva presentazione della dichiarazione Iva per compensare crediti superiori a 10 mila euro.

     Nel tentativo di limitare l’utilizzo indebito di compensazioni, soprattutto in materia di IVA dove si registrano le maggiori violazioni, l’articolo 10 del D.L. n. 78/2009 al comma 1, lettera a), n. 1 stabilisce che, la compensazione del credito annuale IVA o del credito IVA relativo a periodi inferiori all’anno, per importi superiori a 10.000 euro annui([6]), può essere effettuata solo a decorrere dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale o dell’istanza di rimborso trimestrale da cui emerge il credito.

Si assiste, dunque, all’adozione di regole restrittive in materia di compensazioni dei crediti IVA che, per importi superiori a 10.000 euro, richiedono la preventiva presentazione della dichiarazione IVA annuale prima dell’utilizzo dello stesso credito IVA in compensazione. Stesso discorso vale anche per le compensazioni degli importi derivanti dalle istanze di rimborso trimestrali, come chiarito nel Comunicato stampa dello scorso 2 luglio dell’Agenzia delle Entrate.

A tale proposito va segnalato che, non solo si allungano i tempi per procedere alla compensazione, dal momento che per poter effettuare la stessa è necessario aver preventivamente presentato la dichiarazione IVA annuale o l’istanza dalla quale emerge il credito, ma si genera un doppio binario per la tempistica delle compensazioni fino a 10.000 euro ed oltre tale limite.

Infatti, per i crediti IVA compensati fino a 10.000 euro su base annua, al pari di ogni altro credito tributario, l’utilizzo continua ad effettuarsi a partire dal primo giorno dell’esercizio successivo a quello di maturazione, senza attendere la presentazione della dichiarazione.

Per evitare forti ripercussioni sui contribuenti, l’articolo 10, comma 1, lettera a), n. 2), decreta che i soggetti che intendono utilizzare in compensazione ovvero richiedere a rimborso il credito risultante dalla dichiarazione, possono presentare la dichiarazione IVA al di fuori della dichiarazione unificata annuale redatta sul Modello UNICO e procedere alla sua presentazione in forma autonoma, e quindi già entro il mese di febbraio.

In linea con la modifica di cui alla lettera a), n. 2 sopra richiamata si segnala che i soggetti che presentano la dichiarazione annuale IVA, in forma autonoma entro la fine del mese di febbraio, sono esonerati dalla presentazione della comunicazione annuale dei dati IVA, il cui termine di scadenza è attualmente fissato proprio entro la fine del mese di febbraio di ciascun anno (cfr. art. 10, comma 1, lettera d), n. 2). Resta confermato tale esonero per le persone fisiche che hanno realizzato nel periodo di riferimento un volume d’affari inferiore o uguale a 25.000 euro in precedenza 50 milioni di lire (cfr. art. 10, comma 1, lettera c), n. 2).

Coerentemente con le modifiche in materia di compensazioni, gli enti e le società controllanti che applicano la liquidazione IVA di gruppo possono, in alternativa alla richiesta di rimborso infrannuale delle eccedenze detraibili risultanti dalle annotazioni periodiche riepilogative di gruppo, effettuare la compensazione prevista dall’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997, solo successivamente alla presentazione in via telematica di un’apposita istanza “Modello IVA TR” (cfr. art. 10, comma 1, lettera a), n. 5).

Inoltre, sempre per consentire  a tutti i soggetti la possibilità di compensare i crediti IVA alla luce dei vincoli sopra evidenziati, è prevista la possibilità di inviare, in via telematica, la dichiarazione annuale IVA con riferimento alle operazioni registrate nella parte dell’anno solare anteriore alla dichiarazione di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa ai fini della eventuale insinuazione al passivo della procedura concorsuale (cfr articolo 10, comma 1, lettera b), n. 2).

3.5.2 – Procedura telematica e visto di conformità per la compensazione di crediti Iva – i risultati dell’azione confederale.

Altre modifiche introdotte dal citato articolo 10 del D.L. n. 78/2009 al decreto IVA riguardano l’obbligo per i soggetti titolari di partita IVA, che intendano effettuare la compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all’anno per importi superiori a 10.00 euro annui, di utilizzare esclusivamente i servizi telematici per la presentazione delle relative dichiarazioni o istanze. (cfr. art. 10, comma 1, lettera a), n. 6)([7]). Le modifiche previste nella legge di conversione nella versione da ultimo modificata dal Senato della repubblica, chiarisce che saranno previste delle modalità tecniche particolari per la trasmissione telematica delle deleghe F24, da emanare entro 60 giorni dall’entrata in vigore.

Per i soggetti sopra citati che intendano utilizzare in compensazione i crediti IVA per importi superiori a 10.000 euro è previsto l’obbligo di richiedere, con riferimento alle dichiarazioni dalle quali emerge il suddetto credito, l’apposizione del “visto di conformità” di cui all’articolo 35 comma 1, lettera a), del D.Lgs. n. 241/1997, da parte dei professionisti iscritti agli albi dei dottori commercialisti ed esperti contabili nonché dei consulenti del lavoro.

L’azione confederale ha spinto nella modifica prevista dalla legge di conversione che vede estendere la possibilità di apposizione del visto di conformità, anche ai Caf-imprese, incomprensibilmente escluse dalla prima versione della norma. Inoltre, altra modifica da noi suggerita ed accolta nella legge di conversione (testo approvato dal senato il 1° agosto 2009) è quella di aumentare l’ammontare dei crediti per i quali occorre apporre il visto di conformità nella dichiarazione IVA da 10 mila euro a 15 mila euro.

In alternativa al visto di conformità la dichiarazione annuale deve essere sottoscritta, oltre che dal rappresentante legale, dai soggetti che sottoscrivono la relazione di revisione, relativamente ai contribuenti per i quali è esercitato il controllo contabile di cui all’articolo 2409-bis, del codice civile, previa attestazione della effettuazione dei controlli previsti per il rilascio del visto di conformità. L’infedele attestazione dell’esecuzione dei citati controlli comporta l’applicazione per i soggetti che rilasciano il visto di conformità della sanzione amministrativa da 258 a 2.582 euro, mentre in caso di ripetute violazioni, ovvero di violazioni particolarmente gravi, deve essere effettuata un’apposita segnalazione agli organi competenti per l’adozione di ulteriori provvedimenti (cfr. art. 10, comma 1, lettera a), n. 7).

3.5.3  Ulteriori possibili limiti all’ottenimento dei rimborsi dei crediti IVA

Possono essere stabilite nuove modalità e termini per l’esecuzione dei rimborsi di cui alla presente norma, attraverso un apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate (cfr articolo 10, comma 1, lettera a), n. 3 al comma 1)([8]). In sostanza, si assiste alla volontà del legislatore di modificare le vigenti regole per la richiesta di rimborso del credito IVA annuale, tramite il modello VR, senza però introdurre una nuova disciplina per la quale si demanda ad un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate di prossima emanazione.

Resta confermato che, in attesa di tale emanazione, sono valide le regole attualmente vigenti come stabilito dal successivo n. 4 della lettera a), comma 1, dell’articolo 10 in commento. La modifica inserita all’articolo 38-bis, comma 6, del D.P.R. n. 633/1972 prevede l’estensione ope legis anche all’esecuzione di una compensazione degli effetti previsti in caso di notifica di un avviso di rettifica o di un atto di accertamento conseguenti ad un rimborso indebito([9]).

3.6 Contrasto alle attività finanziare illegalmente detenute in paradisi fiscali – presunzione di evasione (articolo 12)

In risposta alle intese raggiunte tra gli Stati aderenti all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico in materia di emersione di attività economiche e finanziarie detenute in Paesi aventi regimi fiscali privilegiati, il decreto in commento introduce una disposizione volta a scoraggiare gli investimenti ed i trasferimenti di attività finanziarie verso i Paesi a fiscalità privilegiata c.d. paradisi fiscali.

La novità introdotta, in deroga ad ogni vigente disposizione di legge, prevede l’introduzione di una presunzione relativa in base alla quale la mancata dichiarazione di investimenti e attività finanziarie detenute in Paesi a fiscalità privilegiata, sia da imputare, ai soli fini fiscali e salvo prova contraria, al fatto che i proventi derivanti da tali attività siano stati sottratti a tassazione in Italia. 

Conseguentemente, le sanzioni per infedele, incompleta o omessa dichiarazione di detti redditi previste dall’articolo 1 del D.Lgs. n. 471/1997 risultano raddoppiate.

Si tratta di una disposizione che determina una forza deterrente abbastanza importante e che, in effetti, potrebbe spingere nel rimpatrio dei capitali (vedi successivo paragrafo 3.8), ma che deve essere resa effettiva attraverso una vera ed efficace attività di intelligence da parte dell’Amministrazione finanziaria. L’efficacia di una sanzione diretta od indiretta che sia, non dipende solamente dalla sua entità ma anche e soprattutto della sua verificabilità e concreta applicazione.

3.7 Contrasto agli arbitraggi fiscali internazionali attraverso una estenzione della disciplina delle CFC (Controlled Foreign Corporations) (articolo 13)

Tra le misure volte a contrastare le operazioni e gli arbitraggi fiscali realizzabili attraverso transazioni infragruppo con strutture localizzate in Paesi a fiscalità privilegiata,  interviene l’articolo 13 del D.L. n. 78/2009 che modifica l’articolo 167 del TUIR, recante disposizioni in materia di imprese estere controllate e collegate, nota come CFC([10]).

In particolare, una prima modifica riguarda l’esimente del comma 5, lettera a), dell’articolo 167 del TUIR che prevede la necessità che la società o altro ente non residente svolga un’effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nel mercato dello Stato o territorio di insediamento. Tale condizione non trova comunque applicazione qualora i proventi della partecipata estera derivino per oltre il 50% da attività finanziarie o da corrispettivi di servizi infragruppo.

Una seconda modifica prevede l’estensione della disciplina CFC anche alle imprese controllate localizzate in Stati o territori diversi da quelli qualificati come paradisi fiscali, al verificarsi congiuntamente delle seguenti condizioni:

-          la tassazione effettiva nello Stato estero sia inferiore a più della metà di quella di cui sarebbero stati soggetti ove residenti in Italia;

-          i proventi conseguiti derivino per più del 50% dai c.d. “passive income” ossia da interessi su titoli e attività finanziarie, dividendi, royalties e corrispettivi di servizi infragruppo.

Questa ultima modifica non trova applicazione nel caso in cui il soggetto residente dimostri, mediante interpello all’Amministrazione finanziaria, che l’insediamento all’estero non rappresenta una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale.

3.8 Rimpatrio dei capitali detenuti illegalmente in paradisi fiscali – c.d. scudo fiscale (articolo 13-bis)

Le disposizioni in materia di scudo fiscale prevedono una sostanziale impunità sia amministrativa che penale per coloro che hanno sottotratto ad imposizione redditi, poi esportati illegalmente all’estero.

E’ prevista, infatti, una totale impunità dalle sanzioni amministrative e penali tributarie (nell’ultima versione sono stati esclusi dalla sanatoria i capitali generati da altre attività illecite) per tutti coloro che importano in Italia attività finanziarie detenute illegalmente in Paesi fuori dallo spazio economico europeo, versando una imposta sostitutiva non già sul capitale illegalmente esportato all’estero, ma solamente sui redditi che tali attività hanno ipoteticamente generato e che sono sfuggite ad imposizione.

E’ previsto, infatti, che le attività finanziarie rimpatriate abbiano generato un rendimento loro presunto del 2% per ognuno dei cinque anni precedenti al rimpatrio, sul quale si rende applicabile una imposta sostitutiva del 50%. In sostanza, al fine di ottenere gli effetti di impunità dalle violazioni tributarie, sarebbe sufficiente versare il 5% dei capitali rimpatriati o regolarizzati. 

Senza entrare nei dettagli applicativi della disposizione, è comunque importante sottolineare che il rimpatrio o la regolarizzazione delle attività detenute all’estero, si effettua tramite la presentazione di una dichiarazione riservata da presentare alla propria banca di fiducia, tra il 15 settembre 2009 e il 15 aprile 2010, e può riguardare solamente attività detenute all’estero “a partire da una data non successiva al 31 dicembre 2008”.

3.9 Imposta sulle plusvalenze dei metalli preziosi per uso non industriale (articolo  14)

Una novità significativa introdotta dal D.L. n. 78/2009, riguarda la tassazione separata dall’imponibile complessivo delle plusvalenze maturate a fine esercizio negli stock di metalli preziosi (oro, argento, platino e palladio), detenuti dalle imprese per scopi diversi da quelli industriali, anche se depositati presso terzi o risultanti da conti bancari disponibili.

Tale tassazione separata prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e relative addizionali nonché dell’IRAP con aliquota del 6%, a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione, entro l’importo massimo di 300 milioni di euro (dopo le modifiche apportate dalla legge di conversione).

Oltre al fatto che dalla rubricazione della disposizione in commento si evince che sono esclusi da tale tassazione le persone fisiche, nella versione della norma così come modificata dal Senato della Repubblica il 1° agosto 2009, sono escluse le riserve auree detenute in virtù di obblighi derivanti dall’appartenenza alla Comunità Europea e quelle detenute dalla Banca d’Italia per assicurate la sua indipendenza finanziaria ed istituzionale (tale ammontare è stabilito con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze). Inoltre, con riferimento alle riserve auree della banca d’Italia è previsto che la tassazione sia comunque subordinata ad un parere della Banca Centrale Europea, in ogni caso non ostativo.

3.10 Rateizzazione dell’Iva da adeguamento agli studi di settore (art. 15, comma 6)

Una rilevante novità disposta dal decreto in commento riguarda il riconoscimento della facoltà di versamento rateale dell’IVA dovuta a seguito di adeguamento agli studi di settore , secondo le modalità di cui all’articolo 20 del D.Lgs. n. 241/1997.

In sostanza, si potrà effettuare il versamento della relativa imposta entro il termine del versamento a saldo dell’imposta sul reddito e con le modalità previste per i pagamenti rateali delle somme dovute a titolo di saldo e di acconto di dette imposte.

Come confermato dall’Agenzia delle Entrate con il Comunicato stampa dello scorso 2 luglio 2009 la misura è fruibile già da coloro che hanno effettuato il versamento risultante da UNICO 2009 entro il 6 luglio 2009 o che effettueranno lo stesso dal 7 luglio al 5 agosto 2009, con la maggiorazione dello 0,40%.

3.11 Comunicazione unica per la nascita dell’impresa (art. 23, comma 13)

Viene fissato al 1° ottobre 2009 il temine per l’entrata a regime della disciplina relativa alla comunicazione unica per la nascita dell’impresa di cui all’articolo 9 del D.L. 31 gennaio 2007, n. 7, convertito nella legge 2 aprile 2007, n. 40.

La comunicazione unica è una procedura che consente di avviare nuove attività con un unico adempimento, valido per tutte le Amministrazioni (registro imprese, agenzia entrate, Inps, Inail), così pure per le successive variazioni e la cessazione dell’attività.

Le regole tecniche sulla presentazione della nuova comunicazione e per il trasferimento dei dati tra le Amministrazioni sono state formulate con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 152/2009 del DPCM 6 maggio 2009 che ha stabilito per la presentazione della stessa due modalità: quella telematica e quella su supporto informatico.

4. Terremoto Abruzzo: effettuazione dei versamenti e degli altri adempimenti fiscali sospesi (art. 25, commi 2-3)

Per i contribuenti e i sostituti d’imposta che, alla data del 6 aprile 2009, avevano il domicilio fiscale o la sede operativa nei Comuni della Regione Abruzzo colpiti dall’evento sismico, come individuati dal decreto del Commissario delegato dal Presidente del Consiglio dei Ministri 16 aprile 2009, n. 3, la norma in commento stabilisce:

-          la ripresa della riscossione dei tributi non versati, per effetto della sospensione operata dall’articolo 1 dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 giugno 2009, n. 3780, mediante 24 rate mensili di  pari importo a decorrere dal mese di gennaio 2010, senza applicazione di sanzioni ed interessi;

-          gli adempimenti tributari, diversi dai versamenti, non eseguiti per effetto della suddetta sospensione sono da effettuarsi entro il mese di marzo 2010.

Le modalità per i predetti versamenti e adempimenti tributari sospesi saranno stabilite con successivo provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.

 

a cura di Claudio Carpentieri - Ufficio Politiche Fiscali

 

(GA/ga/manovra_anticrisi)



[1] Trattasi di disposizioni volte a regolare la materia delle imprese estere controllate di cui all’articolo 167 del TUIR.

[2] Le agevolazioni in questione sono:

-          la prima, c.d. Tremonti, introdotta dall’art. 3 del D.L. n. 357/1994, convertito dalla legge n. 489/1994;

-          la seconda, c.d. Tremonti-bis, introdotta dall’art. 4 della L. n. 383/2001.

[3] Il requisito della novità è stato inserito dal testo della legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102.

[4] Questa divisione include la fabbricazione di macchinari ed apparecchiature comprese le rispettive parti meccaniche che intervengono meccanicamente o termicamente sui materiali o sui processi di lavorazione. Questa divisione include apparecchi fissi e mobili o portatili a prescindere dal fatto che siano stati progettati per uso industriale, per l’edilizia e l’ingegneria civile, per uso agricolo o domestico. Inoltre è inclusa in questa divisione la fabbricazione di alcune apparecchiature speciali, per trasporto di passeggeri o merci entro strutture delimitate.

Questa divisione opera una distinzione tra la fabbricazione di macchinari per usi speciali, ossia macchinari per uso  esclusivo in una specifica attività economica o in piccoli raggruppamenti di attività economiche, e macchinari di impiego generale, ovvero macchinari utilizzabili in una vasta gamma di attività economiche previste nella classificazione Nace.

Questa divisione include anche la fabbricazione di macchinari per usi speciali, non presenti altrove in questa classificazione, utilizzati o meno in un processo di fabbricazione, come le apparecchiature utilizzate nei parchi di divertimento, nelle piste automatiche da bowling eccetera. È esclusa la fabbricazione di prodotti in metallo per usi generali (divisione 25), apparecchi di controllo associati, strumenti computerizzati, strumenti di misurazione, apparati di distribuzione e controllo dell’energia elettrica (divisioni 26 e 27) e veicoli a motore per uso generico (divisioni 29 e 30).

[5] Anche se gli articoli si riferiscono esclusivamente alle società di capitali, dovrebbe prevalere la chiara volontà del legislatore di includere anche le società di persone,

[6] Con riferimento agli utilizzi di crediti IVA per periodi frazionati, il comunicato stampa 2 luglio 2009 dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le nuove misure in materia di compensazione riguardano “l’intero anno solare di utilizzo del credito”.

[7] Tale disposizione si aggiunge come “comma 49-bis” a quella già prevista dall’articolo 37, comma 49 del D.L. n. 223/2006 che impone ai contribuenti titolari di partita IVA di effettuare i pagamenti di imposte e contributi esclusivamente con modalità telematiche.

[8] La norma interviene direttamente nella formulazione dell’articolo 38-bis del decreto IVA che disciplina l’esecuzione dei rimborsi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

[9] Si ricorda che nell’ipotesi di un rimborso indebito sussiste l’obbligo di riversamento delle somme indebitamente rimborsate con applicazione di interessi.

[10] Si ricorda che la disciplina CFC prevede l’attribuzione in capo alla controllante italiana del reddito conseguito dalla società estera controllata al verificarsi di determinate condizioni dettate dal citato articolo 167 del TUIR.