APPROFONDIMENTO 2

 

Roma, 10 aprile 2009

 

Oggetto: Gli aspetti sanzionatori dell’indebita compensazione del crediti – articolo 27. comma 18 del DL n. 185/2008 – Analisi sistematica

 

 

Sommario

 

1. Premessa.

2. Le asimmetrie emergenti dall’assetto sanzionatorio previgente all’articolo 27 del dl n. 185/2008.

2. L’indebita compensazione di crediti d’imposta per agevolazioni e la nascita dell’F24 

3. Il necessario coordinamento della nuova sanzione amministrativa per indebita compensazione con le disposizioni vigenti

4. L’interpretazione logico sistematica introno alle ratio della norma ed all’attuale sistema sanzionartorio

 


1. Premessa

Gli aspetti sanzionatori dell’indebita compensazione dei crediti sono stati razionalizzati in considerazione dell’istituto della compensazione orizzontale dei crediti d’imposta e in considerazione della compensazione nel mod. F24 dei crediti d’imposta per agevolazioni. Infatti, l’articolo 27, c. 16 e ss del DL n. 185/2008, oltre a prevedere una sanzione specifica per l’indebita compensazione dei crediti dal 100% al 200% del credito utilizzato indebitamente ovvero del 200%, per importi di crediti eccedenti € 50 mila euro, ha anche risolto alcuni problemi procedurali connessi al recupero del credito stesso. Sebbene siano stati risolti molti problemi connessi all’interpretazione passata che conduceva sempre all’applicazione della mite sanzione per omesso versamento del 30%, occorre ora conferire una interpretazione sistematica della nuova sanzione al fine di distinguere i comportamenti sanzionati intorno alle intenzioni del legislatore. Si ritiene, infatti, che la sanzione neo introdotta non possa prescindere dalle disposizioni tutt’ora vigenti che, da sempre, distinguono il trattamento sanzionatorio delle violazioni commesse nelle dichiarazioni sulla base del comportamento adottato ed alle modalità con le quali la violazione viene riscontrata.

2. Le asimmetrie emergenti dall’assetto sanzionatorio previgente all’articolo 27 del dl n. 185/2008.

Proprio al fine di calare le innovazioni apportate dall’articolo 27, comma 18 del DL n. 185/2008, nel sistema delle sanzioni connesse ai versamenti, si ritiene sia prioritario ricordare brevemente il passato, anche per evidenziare le asimmetrie che la disposizione introdotta si ritiene abbia eliminato. Percorre il trattamento sanzionatorio passato è anche importante, in quanto, ancora applicabile per le violazioni commesse fino all’entrata in vigore del DL n. 185/2008, dal momento che si tratta di un trattamento sanzionatorio più favorevole al (cfr articolo 3 del D.Lgs n. 472/1997).

Prima dell’entrata in vigore della sanzione specifica prevista dall’articolo 27, comma 18 del DL n. 185/2008, per l’indebita compensazione dei crediti d’imposta sia essi emergenti da una dichiarazione annuale sia essi riconosciuti a titolo di agevolazione([1]), nel modello F24 (c.d. compensazione orizzontale), si riteneva applicabile la sanzione per omesso versamento del 30% del credito preteso in compensazione indebitamente (articolo 13 del D.Lgs n. 471/1997 ([2]).

In entrambi i casi, infatti, in assenza di un trattamento sanzionatorio specifico, si riteneva che compensare una somma dovuta reclamando un credito non spettante equivalesse  a non versare per mancanza di uno dei presupposti su cui si fonda la compensazione stessa. In effetti la compensazione, quale mezzo estintivo delle obbligazioni, si realizza soltanto quando due soggetti vantano debiti reciproci (art. 1241 c.c.). Pertanto l’assenza di uno dei due debiti — nella fattispecie concreta il debito dell’Amministrazione finanziaria verso il contribuente — si riteneva comportasse l’assenza di uno dei presupposti necessari affinché la compensazione si potesse realizzare. ([3])([4])

Questo assetto sanzionatorio, sebbene sopperiva alla mancanza di una sanzione specifica, determinava nei fatti, un trattamento analogo in situazioni e fattispecie anche ampiamente diverse, peraltro senza tener conto neanche delle disposizioni sanzionatorie già previste, sebbene con riferimento alla compensazione verticale nell’ambito delle imposte sui redditi (vedi paragrafo successivo). Per le violazioni di indebita compensazione di crediti commesse sino all’entrata in vigore del DL n- 185/2008, infatti, si rendeva applicabile sempre la sanzione del 30% del credito compensato, indipendentemente dal fatto che l’indebita compensazione:

-          riguardasse un credito che non emergeva da una dichiarazione periodica (IVA, IRES, IRPEF, IRAP), ovvero, perché il credito era stato utilizzato oltre l’importo ivi indicato o oltre il limite previsto di € € 516.456,90, o, ancora, perché era stato già utilizzato in compensazione([5]);

-          riguarda un credito d’imposta per agevolazioni, utilizzato dal contribuente senza averne i requisiti necessari ovvero anche effettuando dichiarazioni mendaci o, meglio, falsificando i documenti.

E’ evidente che questa seconda ipotesi da un punto di vista sanzionatorio doveva essere trattata in modo più pesante e vicino alle ipotesi di infedeltà della dichiarazione, anche se ne prescindeva. L’unico elemento di distinzione effettuato in queste ipotesi era rappresentato dall’inapplicabilità degli istituti che rendevano possibile ridurre le sanzioni, con riferimento alle rettifiche riguardanti l’inesistenza dei crediti d’imposta per agevolazioni([6]).

2. L’indebita compensazione di crediti d’imposta per agevolazioni e la nascita dell’F24

Prima di analizzare la nuova sanzione per indebita compensazione dei crediti d’imposta introdotta dall’articolo 27, comma 18 del dl n. 185/2008 (vedi “infra”) , appare fondamentale analizzare il trattamento sanzionatorio previsto per l’indebito utilizzo dei crediti d’imposta previsto prima dell’introduzione dell’istituto della compensazione orizzontale dei tributi. E’ vero, infatti, che, i medesimi problemi si avevano e si hanno nell’ipotesi di compensazione verticale di tributi, cioè nelle ipotesi in cui un credito emergente da una dichiarazione annuale è utilizzato per il versamento del tributo avente la medesima natura, ovvero nelle ipotesi in cui il credito d’imposta per agevolazioni veniva utilizzato per abbattere l’imposte sui redditi. Infatti, in assenza della possibilità di effettuare la compensazione nel modello F24. il credito d’imposta per agevolazioni poteva essere rivendicato esclusivamente in dichiarazione annuale delle imposte sui redditi. Era pertanto chiaro che la rettifica dell’imposta indebitamente compensata con il credito d’imposta disconosciuto costituiva un omesso o insufficiente versamento delle imposte sui redditi corrispondenti al credito disconosciuto, e poteva essere rilevato:

1)       in sede di liquidazione della dichiarazione, quando l’indebito utilizzo totale o parziale emergeva dalla legge o dai dati dichiarati dal contribuente (art. 36-bis, comma 1, lett. e) del d.P.R. n. 600/73);

2)       nell’ambito del controllo formale della dichiarazione, quando l’indebito utilizzo emerge dalla mera analisi della documentazione richiesta al contribuente (art. 36-ter, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600/73 (cfr. c.m. 16 luglio 2001, n. 68/E)([7]);

3)       nell’ambito di una verifica specifica  o generale sul contribuente utilizzando i consueti poteri istruttori (articolo 33 del DPR n- 600/1973).

Erano solo ed esclusivamente questi gli atti con cui l’Amministrazione finanziaria poteva contestare al contribuente l’eccessivo o indebito utilizzo di crediti d’imposta per agevolazioni. Dal momento che all’epoca, cioè prima della nascita dell’istituto della compensazione, la fruizione dei crediti d’imposta avveniva esclusivamente nella dichiarazione dei redditi era chiaro, infatti, che le disposizioni che si ritenevano applicabili in materia di accertamento erano soltanto quelle previste dal d.P.R. n. 600/73.

Allora era chiaro, inoltre, che tutte le volte in cui il disconoscimento del credito d’imposta per agevolazioni non avveniva soltanto sulla base dell’esame cartolare dei documenti richiesti al contribuente, ma su interpretazioni giuridiche circa l’ambito di applicazione della disposizione di legge che prevedeva il riconoscimento del credito d’imposta, secondo un indirizzo costante della Corte di cassazione, al fine di rettificare l’imposta occorreva un vero e proprio atto di accertamento in rettifica dell’imposta non versata per effetto del disconoscimento del credito, a prescindere dalla fase di verifica nella quale emergeva la violazione([8]) In queste ipotesi, infatti, occorreva inserire nell’atto amministrativo in cui si formalizzava la pretesa anche una adeguata illustrazione del procedimento logico giuridico effettuato dall’Amministrazione finanziaria da cui emergeva il disconoscimento del credito, cioè la motivazione della contestazione.

In questo contesto, ovviamente, nulla vietava all’Amministrazione finanziaria di utilizzare l’atto di accertamento anche per effettuare contestazioni che in linea teorica sarebbero rientrate nella liquidazione della dichiarazione o nel controllo formale. L’Amministrazione finanziaria, infatti, nell’ambito dei poteri a lei attribuiti dalla legge ha potere discrezionale di scegliere quello più idoneo alla fattispecie specifica, anche a prescindere dal «nomen juris» dato all’atto stesso dall’amministrazione finanziaria([9]). Ovviamente tenendo sempre ferme e ben presenti quali sono gli elementi essenziali per qualificare un atto di rettifica del tributo nonché il diritto alla difesa del contribuente, cioè la presenza di una pretesa tesa a divenire definitiva se non tempestivamente impugnata.

Chiaramente, in questa sede, al fine di distinguere il trattamento sanzionatorio delle violazioni, dall’imposta accertata occorre sottrarre l’imposta emergente dalla liquidazione della dichiarazione relativa all’anno d’imposta oggetto di verifica di cui all’articolo 36-bis del DPR n. 600/1973 ovvero del controllo formale della medesima di cui all’articolo 36-ter dello stesso decreto. Infatti, mentre sulla prima maggiore imposte accertata si rendeva applicabile la sanzione dal 100% al 200% prevista per l’infedeltà della dichiarazione, di cui all’articolo 1 del D.Lgs  n. 471/1997, sull’imposta emergente dalla liquidazione della dichiarazione ovvero dal controllo formale, si rendeva comunque applicabile la sanzione per omesso versamento del 30% (cfr articolo 1, comma 4 del D.Lgs n. 471/1997). In sostanza, in assenza del modello F24, le modalità concrete con cui le violazioni erano riscontrate o riscontrabili dipendenti dal comportamento del contribuente, determinavano una modulazione delle sanzioni applicabili, dal mero omesso versamento all’infedeltà della dichiarazione, quale maggiore credito indicato nella dichiarazione annuale rispetto a quello spettante (articolo 1, comma 2 del D.Lgs n. 471/1997). Pertanto a tale interpretazione si addiviene leggendo tra le righe dell’Ord. della Corte Costituzionale 24/03/1988, n. 430.([10])

3. Il necessario coordinamento della nuova sanzione amministrativa per indebita compensazione con le disposizioni vigenti

L’erogazione di agevolazioni tramite il riconoscimento di crediti d’imposta negli ultimi anni si è fortemente accentuata proprio a seguito dell’introduzione del sistema dei versamenti unificati a compensazione, il quale ha reso più semplice ed immediata la loro fruizione.

Tuttavia, proprio questa possibilità di fruire dei crediti d’imposta in via anticipata rispetto alla presentazione della dichiarazione dei redditi tramite l’istituto della compensazione orizzontale (modello F24), ha creato dei problemi nella definizione delle violazioni indebita fruizione del crediti d’imposta. Infatti, dal momento che il credito non viene più utilizzato nell’ambito dell’imposte dirette, ma è utilizzato per il versamento di più tributi ed anche contributi, le diverse problematiche non potevano essere più risolte nell’ambito della disciplina prevista per le imposte dirette (vedi “supra”).

Occorreva, pertanto, una disposizione specifica tesa a distinguere il trattamento sanzionatorio con riferimento alla gravità del comportamento, concentrando il trattamento sanzionatorio sul credito indebitamente utilizzato, superando così l’interpretazione che portava a ritenere applicabile a tutte le fattispecie, sempre la sanzione per omesso versamento (vedi “supra”).

E’ da ritenersi, pertanto, che le nuove disposizioni di cui all’articolo 27, commi da 16 a 20 del DL n. 185/2008 attengono proprio a questa esigenza, dovendo comunque essere inquadrate nelle disposizioni vigenti previste sia dagli articoli 36-bis e 36-ter del DPR n. 600/1973 che dall’articolo 54-bis del DPR n. 633/1972.

In altre parole, nelle more dell’amministrazione finanziaria, si ritiene, che la nuova sanzione dal 100% al 200% del credito preteso indebitamente, prevista dall’articolo 27, comma 18 del DL n. 185/2008, debba comunque essere coordinata con le disposizioni vigenti sia nell’ambito delle imposte sui redditi e, quindi, anche dell’IRAP([11]) sia nell’ambito dell’imposta sul valore aggiunto. Fino ad oggi, infatti, l’Agenzia delle entrate si è espressa solamente nella Circ. 19 marzo 2009, n. 8/E, § 7.1 e 7.2, nella quale ha chiarito che l’utilizzo in compensazione di crediti per importi oltre il limite di € 516.456,90, si rende applicabile la sanzione per omesso versamento del 30%, distinguendo comunque questo comportamento dall’utilizzo dei crediti d’imposta per agevolazioni per importi eccedenti il limite annuale fissato in € 250.000.

La sanzione specifica prevista per l’indebita fruizione in compensazione di crediti, in sostanza, si ritiene possa essere applicata solamente con riferimento a violazioni che non sono rilevabili in sede di liquidazione della dichiarazione ovvero dal controllo formale della medesima e, quindi, dalla mera analisi della dichiarazione o dalla legge, ovvero dall’esame cartolare della documentazione richiesta al contribuente. Secondo questa interpretazione, il nuovo assetto delle sanzioni previste per l’indebita compensazione dei crediti è riassumibile nella tabella seguente.

 

Tabella 1 Il coordinamento dell’indebita fruizione dei crediti d’imposta per agevolazioni, secondo le disposizioni vigenti.

 

Comportamento adottato

Norma di riferimento

Sanzione applicabile

Crediti d'imposta relativi a tributi emergenti dalla dichiarazione esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalla dichiarazione

Articolo 36-bis, comma 1, lett. e)  del DPR n. 600/1973

Sanzione del 30% per omesso versamento (art. 13, c. 1, ultimo periodo del D.Lgs n. 471/1997).

Crediti d’imposta non spettanti in  base ai dati risultanti dalle dichiarazioni e ai documenti richiesti ai contribuenti

Articolo 36-ter, comma 1, lett. d)  del DPR n. 600/1973

Sanzione del 30% per omesso versamento (art. 13, c. 1, ultimo periodo del D.Lgs n. 471/1997).

Crediti d’imposta per agevolazioni non spettanti per assenza dei presupposti previsti, sulla base di indagini specifiche, non riscontrabili dalla mera analisi delle dichiarazioni o dei documenti richiesti da contribuenti.

Articolo 27, comma 18 del DL n. 185/2008)

Sanzione dal 100% al 200% del credito utilizzato indebitamente ovvero sanzione del 200% del credito indebitamente fruito , per importi su superiori a 50 mila euro (articolo 27, commi 18 del DL n. 185/2008)

Crediti d’imposta riferiti a dichiarazioni non presentate.

Articolo 27, comma 18 del DL n. 185/2008)

Sanzione dal 100% al 200% del credito utilizzato indebitamente ovvero sanzione del 200% del credito indebitamente fruito, per importi superiori a 50 mila euro (articolo 27, commi 18 del DL n. 185/2008)

4. L’interpretazione logico sistematica introno alle ratio della norma ed all’attuale sistema sanzionartorio.

Peraltro, la distinzione del trattamento sanzionatorio connesso con l’indebito utilizzo dei crediti d’imposta messo in evidenza nella tabella precedente, oltre che da una interpretazione sistematica della nuova sanzione e sulla base di quanto sottolineato in precedenza (vedi «supra»), emergerebbe anche dalla relazione illustrativa all’articolo 27 DL. 185/2008, la dove viene sottolineato che le nuove disposizioni sono volte a contrastare situazioni di fraudolenza, nelle quali la violazione non è riscontrabile dalla mera analisi delle dichiarazioni dei contribuenti, richiedendosi un ulteriore attività istruttoria volta a riscontrare l’inesistenza del credito. Inoltre, sempre la relazione illustrativa all’articolo 27 del DL n. 185/2008, proprio a commento del comma 18, indica espressamente che “considerata la natura delle violazioni, non può essere prevista una misura inferiore a quella stabilita per le ipotesi di dichiarazione infedele nella quale sia indicato un credito superiore a quello spettante”

Questa frase lascia intendere che l’intenzione del legislatore possa essere, proprio, quella di distinguere i comportamenti fraudolenti (dolosi), determinati il più delle volte dalla compensazione di crediti d’imposta per agevolazioni senza avere i requisiti necessari, dagli errori colposi rilevabili automaticamente dalla mera analisi delle dichiarazioni.

D’altro canto questa interpretazione, oltre a ritenersi aderente sia all’interpretazione sistematica delle disposizioni sanzionatorie attuali e a quanto indicato nella relazione illustrativa della norma, appare logica anche sul piano empirico. Infatti, la distinzione della natura delle violazioni e, quindi, della sanzione applicabile, attiene proprio alla pericolosità della violazione anche in ragione della facilità con la quale scoperta, dipendente dal comportamento adottato dal contribuente. Quando la violazione emerge direttamente dall’analisi della legge e dai dati comunicati dal contribuente ovvero dalla documentazione richiesta in sede di controllo forma delle dichiarazioni, senza alcuna ulteriore attività istruttoria, la sanzione per omesso versamento del 30% resta giustificata, in relazione al fatto che è lo stesso contribuente a «confessare» la violazione commessa proprio nella dichiarazione ovvero nei documenti rilasciati a richiesta dall’amministrazione finanziaria. Quando, invece, la violazione, per essere scoperta necessita di ulteriore attività istruttoria:

-          per l’assenza della dichiarazione dalla quale il credito sarebbe dovuto emergere;

-          perché il contribuente ha rivendica la compensazione di crediti per agevolazioni senza avere i requisiti richiesti;

-          fino ad arrivare a vere e proprie falsificazioni della documentazione probante la maturazione del diritto al credito,

allora si giustifica la sanzione dal 100% al 200%, prevedendo, cioè un trattamento sanzionatorio analogo a quello previsto per l’infedeltà della dichiarazione. E’ evidente che sussistendo questi requisiti, la sanzione si rende applicabile a prescindere dal fatto che il credito sia compensato nel modello F24, cioè in compensazione orizzontale, ovvero, nelle ipotesi in cui è ammesso, il credito è compensato  all’interno della e delle dichiarazioni (ad esempio nel quadro RN della dichiarazione). La distinzione deve essere effettuata solamente sulla base del comportamento adottato dal contribuente desumibile dall’attività istruttoria necessaria per scoprire la violazione, come avveniva prima dell’introduzione dei versamenti unificati a compensazione.

Si consideri da ultimo che una interpretazione difforme da quella sopra esporta determinerebbe una disparità di trattamento tra le violazioni sempre sostanziali di infedele dichiarazione (articolo 1, comma 2 D.Lgs n. 471/1997) e quelle di indebito utilizzo del crediti d’imposta (articolo 27, comma 18 del DL n. 185/2008). Infatti, le prime tipologie di violazioni sarebbero sempre coordinate con la violazione di omesso versamento prevista nelle ipotesi in cui la maggiore imposta dovuta emerge nell’ambito della liquidazione della dichiarazione (articoli 36-bis del DPR n. 600/1973 e 54-bis del DPR n. 633/1972) ovvero controllo formale (articolo 36-ter del DPR n. 600/1973), in conformità a quanto previsto dall’articolo 13 del D.Lgs n. 471/1997, mentre la sanzione per indebito utilizzo di crediti, non ammetterebbe tale distinzioni.

 

a cura di Claudio Carpentieri  - Ufficio Politiche Fiscali

 

(CC/cc/sanz_cred)

 

[1] Nella prima ipotesi si tratta, ad esempio, si tratta dei crediti d’imposta emergenti dalla dichiarazione IVA, IRAP, IRPEF ovvero IRES, nella seconda ipotesi si tratta,. Ad esempio, dei crediti d’imposta previsti in prima battuta dagli artt. 7 e 8 della l. n. 388/ 2000.

[2]Sull’applicabilità della sanzione per omesso versamento si è espressa l’Amministrazione finanziaria senza mai smentirsi. Dal punto di vista della sanzione ritenuta applicabile, infatti, tutte le istruzioni fin qui impartite dall’Amministrazione finanziaria concordano (cfr. r.m. 13 luglio 1998, n. 70; c.m. 19 maggio 2000, n. 101/E, par. 11.1; r.m. 4 giugno 2002, n. 166/E; c.m. 7 giugno 2002, n. 48/E; c.m. 8 luglio 2003, n. 35/E). Come si vedrà nei paragrafi successivi, nella prassi amministrativa fin qui emanata, esistono, tuttavia, delle contraddizioni sulla procedura da effettuare per regolarizzare la violazione, che possono indurre a confutare lo stesso principio che legittima l’applicazione della sanzione per omesso versamento.

[3] Questo passaggio logico in prima analisi era stato pienamente confermato anche dall’amministrazione

finanziaria con la r.m. 13 luglio 1998, n. 70.

[4] È bene sottolineare che l’applicabilità della sanzione prevista per l’omesso versamento, in questo caso, non emerge da una interpretazione analogica, da sempre ritenuta inapplicabile per quanto riguarda le disposizioni che impongono delle sanzioni. Infatti, il divieto di applicazione delle «punizioni» per analogia, sancito dall’art. 25 della Costituzione italiana, in questo caso si supera sostenendo che ad essere punito non è l’utilizzo indebito dei crediti, per il quale non esiste nessun precetto specifico e tanto meno una sanzione, ma l’effetto sostanziale che da ciò emerge: l’omesso versamento del tributo per il quale è previsto un’apposita sanzione (art. 13 del d.lgs. n. 471/97).

[5] Appare utile precisare che si tratta di ipotesi da tenere ben distinte da quella emergente dalla compensazione di crediti risultanti da una dichiarazione in cui non sono stati dichiarati dei ricavi, ma dei costi inesistenti. In questo caso non si è di fronte a un uso indebito di crediti, ma a un’infedeltà della dichiarazione che impone la ricostituzione del credito tramite il versamento dell’imposta. La violazione, dunque, si situa a monte della determinazione del tributo, appunto, nella fase della sua determinazione.

[6] Nella prima ipotesi, cioè nei casi in cui ad essere utilizzato indebitamente è un credito fisiologico emergente da una dichiarazione, il contribuente ha la concreta possibilità di ottenere una riduzione delle sanzioni mediante il versamento della somma dovuta, degli interessi e della sanzione ridotta ad 1/3 entro 30 giorni. Si ritiene cioè applicabile l’art. 2 del d.lgs. n. 462/1997. Al contrario, qualora la sanzione per omesso versamento contestata si riferiva ad un indebito utilizzo di crediti d’imposta concessi per agevolazioni, anche se il debito versato attiene ad una delle imposte comprese nel modello unificato di dichiarazione, non era riconosciuta la riduzione ad 1/3 delle sanzioni in base all’art. 2 del d.lgs. n. 462/1997 (c.m. 8 luglio 2003, n. 35/E). Oltre a ciò, non si riteneva applicabile anche la riduzione ad 1/4 prevista dagli artt. 16 e 17 del d.lgs. n. 472/1997, dal momento che la violazione veniva comunque inquadrata quale omesso versamento (cfr art. 17, comma 3 ultimo periodo del d.lgs. n. 472/1997).

[7] Disposizione che prima delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 241/1997 era comunque presente nel previgente art. 36bis, comma 1 lett. g) del d.P.R. n. 600/73.

[8] 43 In proposito vedi quanto indicato da Cass., 17-3-2000, n. 3119; Cass. 11 settembre 1999, n. 9686; Cass. 23 novembre 1999, n. 12998.

[9] In questo senso si è espressa la stessa Corte costituzionale nella Sent. Corte cost. 6-12-1985, n. 313 e nella Ord. Corte cost. 31-3-1987, n. 91.

[10] Nell’ordinanza risulta chiaro che nelle ipotesi in cui la violazione non emerge da una mera analisi delle dichiarazioni o dai documenti, non potendo inquadrarsi nell’ambito della procedura di controllo formale ex articolo 36-bis del DPR n,. 600/1973, anche se avente ad oggetto fattispecie li inquadrate (tra cui l’inesistenza di crediti d’imposta), ma richiede un ulteriore attività istruttoria, occorre procedere con un accertamento in rettifica dell’imposta. E’ evidente che in questo caso la sanzione che si ritiene applicabile era quella per l’infedeltà della dichiarazione allora vigente (articolo 46 del DPR n. 600/1973. Nell’ordinanza l’esame è stato fatto per giustificare la norma che nell’ambito del condono di cui all’articolo 32 della legge n. 429/1982, faceva salva comunque salvo il controllo formale delle dichiarazione previsto dall’articolo 36-bis del DPR n. 600/1973 nella versione allora vigente. E’ appena il caso di ricordare, infatti, che allora l’articolo 36-bis del DPR n. 600/1973 condensava in se, con  tenore leggermente diverso, le previsioni contenute negli attuali articoli 36-bis e 36-ter del medesimo decreto.

[11] E’ utile infatti ricordare che il decreto sull’IRAP con riferimento all’accertamento, rimanda alle disposizioni previste per le imposte sui redditi  almeno fino a quando permane il regime temporaneo di cui all’articolo 25 del D.Lgs n. 446/1997.