Sent. n. 15321 del 10 giugno 2008 (ud. del 15 maggio 2008) della Corte di Cass., Sez. tributaria - Pres. Papa, Rel. D'Alonzo Imposta comunale sugli immobili - Fattispecie - Fabbricati rurali - Base imponibile - Determinazione - Art. 5, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 - Esenzioni - Disciplina delle imposte dirette - Applicabilità - Esclusione - Art. 9, D.L. 30 dicembre 1993, n. 553

Massima - La lettura ed interpretazione della disciplina dell'ICI mentre consente di affermare l'iniziale esenzione in favore dei fabbricati rurali dalla detta imposta e parimenti di rilevare come tale esclusione sia stata dettata dalla circostanza giusta la quale i cespiti in parola non erano iscritti in catasto - ex art. 4, R.D.L. n. 652/1939 - alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 504/1992. Conseguentemente, non rileva agli effetti dell'imposta la considerazione della natura agricola esercitata dal soggetto passivo essendo presupposto necessario e sufficiente per l'imponibilità del bene la mera iscrizione nel catasto (fabbricati) (1).

Svolgimento del processo - Con ricorso notificato (mediante plico postale spedito il 26 febbraio 2007 e ricevuto) il 7 marzo 2007 alla "s.c.a. O.V." (già "Cantina Sociale O.T.M. L. L." soc. coop. a r.l.), depositato il 19 marzo 2007, il Comune di Oderzo - premesso che il primo dicembre 2003 aveva notificato a detta Cooperativa ("avente a oggetto", "circostanza pacifica in causa", "la lavorazione, manipolazione, trasformazione e vendita dei prodotti conferiti dai soci ... i soci sono proprietari dei terreni agricoli, dai quali ricavano i prodotti per poi conferirli alla cooperativa per la successiva lavorazione e commercializzazione") distinti avvisi (complessivi "Euro 115.661,33") per "l'omessa presentazione della dichiarazione" e per "l'omesso versamento dell'ICI relativa agli anni d'imposta 1999, 2000 e 2001" afferente immobili di proprietà della stessa iscritti in catasto alle categorie D/8 (poi D/10 a seguito di sentenza n. 107/2001 della Commissione Tributaria Provinciale di Treviso, passata in giudicato), A/3 e A/2, in forza di DUE motivi, chiedeva di cassare (con "ogni effetto e conseguenza di legge, anche in merito alle spese") la sentenza n. 58/06/05 depositata il 19 gennaio 2006 dalla Commissione Tributaria Regionale del Veneto la quale aveva accolto l'appello della contribuente avverso la decisione (60/04/04) con cui la Commissione Tributaria Provinciale di Treviso, ritenendo che "in mancanza di coincidenza tra possessore dell'immobile e possessore o affittuario del terreno, non è possibile attribuire la caratteristica di ruralità a(ll')... immobile", aveva respinto il ricorso. Nel controricorso notificato il 16 aprile 2007 (depositato il 24 aprile 2007) la Cooperativa intimata instava per la declaratoria di Inammissibilità o per il rigetto dell'impugnazione, con refusione delle spese processuali. Il 9 maggio 2008 il Comune depositava memorie ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione - 1. Con la sentenza impugnata la Commissione Tributaria Regionale - premesso (a) che "il fabbricato oli cui trattasi è stato dichiarato rurale con la sentenza ... 101/06/2001 ... passata in giudicato" e (b) che "anche catastalmente l'edificio è classificato come D/10" - ha accolto l'appello della Cooperativa osservando: - "è ... inequivocabile che il fabbricato ... debba essere considerato pienamente rurale"; - "nella pratica catastale i fabbricati civili includono come pertinenza il terreno sul quale sono edificati e la loro rendita include anche il reddito del terreno, mentre per i fabbricati rurali avviene l'inverso, cioè sono i fabbricati che diventano pertinenza del terreno su cui sorgono e la loro rendita, conseguentemente, viene inclusa forfetariamente nel reddito dominicale del terreno stesso"; - "per quanto riguarda l'ICI dei fabbricati rurali, la circolare del Ministero ... n. 50 del 20 marzo 2000 precisa che il reddito dominicale è comprensivo della redditività delle costruzioni rurali asservite al terreno". Secondo la Commissione Tributaria Regionale, quindi, "risulta evidente ... che la scelta del legislatore (del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 1) di determinare ai fini ICI il reddito dominale secondo modalità comprensive anche del valore dei fabbricati agricoli strumentali all'attività agricola, ha imposto ... di escludere i fabbricati dall'autonomo assoggettamento al tributo (Corte ... di Cassazione sentenza n. 18853/05)". Lo stesso giudice di appello, quindi, riprodotta larga parte della motivazione della detta sentenza n. 6884 depositata il primo aprile 2005 da questa Corte in particolare le osservazioni secondo cui "il legislatore ... con la L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 156, ha incaricato il Governo di emanare ... uno o più regolamenti che tenessero "conto del fatto che la normativa" doveva "essere applicala soltanto all'edilizia rurale abitativa ...e che si" doveva "provvedere all'istituzione di una categoria d'immobili a destinazione speciale per il classamento dei fabbricati strumentali, ivi compresi quelli destinati all'attività agrituristica"; "in esecuzione di tale delega, il D.P.R. 23 marzo 1998, n. 139, art. 2 ha modificato il predetto art. 9 e distinguendo a seconda che i fabbricati venissero utilizzati o meno come abitazioni, ha stabilito che la previgente normativa continuava ad essere applicabile soltanto per i primi, dato che per i secondi doveva riconoscersi carattere rurale a tutte le costruzioni strumentali alle attività agricole di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 29 ovvero destinate all'agriturismo od alla protezione delle piante, alla conservazione dei prodotti agricoli oppure alla custodia, delle macchine, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione"; "contrapponendo le due ipotesi e confermando soltanto per la prima la necessità dell'asservimento dell'immobile ad un fondo e della riconducibilità di entrambi ad un unico soggetto (avente un certo tipo di reddito), il D.P.R. n. 139 del 1998 ha implicitamente ma inequivocabilmente chiarito che per gli altri fabbricati rileva soltanto la loro destinazione ad una delle finalità sopra indicate", ha concluso affermando che "lo stabilimento sul quale svolge l'attività la Cantina Sociale O.M. ... essendo pienamente rurale, assolve l'ICI mediante la capitalizzazione del reddito dominicale del terreno su cui è edificato". 2. Con il primo motivo di ricorso il Comune denunzia "violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1, 2, 5, e 7", "del D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3 bis ... introdotto dal D.P.R. n. 139 del 1998, art. 2", " D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 29 (vigente art. 32), comma 2, lett. c) (TUIR)" e "degli artt. 2135 e 2909 c.c." nonché "omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia" adducendo: - con L'art. 1, comma 2, e art. 2 detti "il legislatore ... assoggetta a tassazione ai fini ICI il possesso di tutti i fabbricati iscritti nel catasto edilizio urbano (successivamente denominato catasto dei fabbricati del D.L. n. 557 del 1993, ex art. 9 ...), anche se strumentali ad una determinata attività d'impresa (come ... nella fattispecie) o oggetto della medesima"; - non essendo "il carattere di strumentalità di un fabbricato ad un'attività d'impresa ... causa di esclusione dell'assoggettamento a tassazione ai fini ICI dello stesso", la "circostanza che il fabbricato strumentale all'attività della società già classificato come D/8 è stato successivamente classificato come D/10 (i.e. fabbricati con funzioni produttive connesse all'attività agricola) per effetto della sentenza n. 107/2001 ..., a seguito dell'istituzione di tale nuova categoria" ("ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 156") è "irrilevante"; - "nel caso ... gli immobili risultano iscritti regolarmente in catasto con una propria rendita" "un fabbricato con cat. D/8 (ora D/10)"; "tre fabbricati ad uso abitativo", categorie A/3 e A/2, per cui "legittimamente" ha "accertato e liquidato" l'imposta dovuta "sulla base delle rendite risultanti in catasto", "come disposto dallo stesso D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5"; - "il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7 contiene un'elencazione tassativa delle ipotesi di esenzione dall'ICI" e nelle stesse "non vi è alcun riferimento ai fabbricati classificati come D/10"; "la eterogeneità delle fattispecie analiticamente individuate dalle disposizioni sull'ICI", inoltre, "non consente ... di individuare l'eadem ratio da porre a fondamento" non solo di un procedimento di "interpretazione analogica" ma anche "meramente estensiva della norma". In ordine agli effetti della "natura rurale del fabbricato" (perché "classificato come D/10"), dichiarata dalla sentenza ("passata in giudicato") "n. 107/26/2001", il Comune contesta l'applicabilità ("nella fattispecie ... non trova applicazione") dell'art. 2909 cod. civ. adducendo che detta sentenza "è stata pronunciata nei confronti dell'Agenzia del Territorio" e non pure di esso ente, "terzo rispetto alle parti" di quel giudizio, "avente un diritto autonomo ed incompatibile con quello accertato nella sentenza", diritto "che non può essere da questa pregiudicato, pena la violazione del diritto di difesa sancito dall'art. 24 Cost.". In relazione alla norme dettate (a) dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9 comma 3 bis (introdotta dal D.P.R. n. 139 del 1998, art. 2), b) dall'art. 29 ("vigente art. 32"), comma 2, lett. c), cit. TUIR e c) dall'art. 2135 cod. civ., di poi, l'ente territoriale sostiene che il giudice di appello, "lungi dal richiamare ... la sentenza n. 197/06/2001", avrebbe dovuto "accertare se l'attività della ... cooperativa potesse essere considerata, in ragione del suo concreto svolgimento, quale "attività agricola" e, quindi, se il fabbricato ... fosse strumentale a tale attività" atteso che per l'art. 9, comma 3 bis "ai fini fiscali deve riconoscersi carattere rurale alle costruzioni strumentali alle attività agricole di cui all'art. 29 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917" e che l'art. 29 (ora 32) del cit. TUIR "considera agricole esclusivamente le attività dirette alla manipolazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici, ancorché non svolte sul terreno, che rientrino nell'esercizio normale dell'agricoltura secondo la tecnica che lo governa e che abbiano per oggetto prodotti ottenuti per almeno la metà dal terreno e dagli animali allevati su di esso" ("disposizione ... in linea con la nozione di impresa agricola di cui all'art. 2135 c.c., nel testo vigente ratione temporis, poi modificato con il D.Lgs. n. 228 del 2001"): secondo il Comune, "dalle norme riportate si desume che i fabbricati delle cooperative di trasformazione e vendita di prodotti agricoli conferiti dai soci proprietari dei terreni ... possono essere considerati strumentali all'"attività agricola", e di conseguenza di natura rurale, solo nel caso in cui venga accertato, secondo i principi generali (artt. 2135 c.c. e art. 29 ... cit. TUIR), che le attività di manipolazione, trasformazione o alienazione dei prodotti agricoli rientrino nel normale esercizio dell'attività agricola", con esclusione quindi delle "attività", pur dirette "all'alienazione o trasformazione dei prodotti agricoli", le quali "assumano "nel quadro aziendale posizione prevalente, in modo che il fondo appaia servire all'industria come mezzo a fine", esorbitando dai confini di un'attività accessoria di produzione, dando vita a vere e proprie attività industriali o commerciali (cfr. Cass., n. 14343/2005, 3686/1998)", "circostanza che si verifica normalmente nel caso in cui, come nella fattispecie ... una cooperativa si limiti a trasformare e alienare i prodotti agricoli conferiti dai soci" ("cfr. le sentenze nn. 18853 e 18854 del 2005" di questa Corte, "con riferimento ad una fattispecie analoga", "sebbene con riferimento agli anni d'imposta dal 1993 al 1996", nelle quali si è concluso che "nel caso in cui la natura agricola dell'attività di trasformazione e vendita dei prodotti agricoli e la, strumentalità dei fabbricati alla medesima attività noti risultano essere state accertate dai giudici di merito ... come nella fattispecie ... si deve escludere la natura rurale del fabbricato"). Il Comune, infine, sostiene che "i giudici di seconde cure sono altresì incorsi nel vizio di omessa o insufficiente motivazione" perché essi, essendo considerati "rurali" i fabbricati delle "cooperative di trasformazione e vendita di prodotti agricoli conferiti dai soci" solo "nel caso in cui tali immobili siano strumentali all'attività agricola come definita dall'art. 29 del cit. TUIR", avrebbero dovuto "accertare, motivando al riguardo, se la controparte svolgesse effettivamente un'attività agricola ai sensi dell'art. 29 del cit. TUIR". 3. Con il secondo (ed ultimo; motivo il ricorrente - a censura delle osservazioni della sentenza di appello per le quali "il D.P.R. 23 marzo 1998, n. 139, art. 2 ha modificato il predetto art. 9 ... e distinguendo a seconda che i fabbricali venissero utilizzati o meno come abitazioni, ha stabilito che la previgente normativa continuava ad essere applicabile soltanto per i primi, dato che per i secondi doveva riconoscersi carattere rurale a tulle le costruzioni strumentali alle attività agricole di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 29, art. 29 ovvero destinate all'agriturismo od alla protezione delle piante, alla conservazione dei prodotti agricoli oppure alla custodia delle macchine, degli attrezzi, e delle scorte occorrenti per la coltivazione"; "contrapponendo le due ipolesi e confermando soltanto per la prima la necessità dell'asservimento dell'immobile ad un fondo e della riconducibilità di entrambi ad un unico soggetto (avente un certo tipo di reddito), il D.P.R. n. 139 del 1998 ha implicitamente ma inequivocabilmente chiarito che per gli altri fabbricati rileva soltanto la loro destinazione ad una delle finalità sopra indicate" - denunzia "violazione e falsa applicazione del D.L. n. 557 del 1993, art. 9, commi 3 e 3 bis, nonché degli artt. 29, 24, 51 e 81, cit. TUIR" esponendo: - "il D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3 bis, primo periodo nel richiamare l'art. 29 (ora art. 32) del cit. TUIR nella sua interezza" rinvia "non solo alle diverse tipologie di attività agricole ivi elencate, ma anche ai limiti soggettivi di applicazione di tale norma"; - l'"art. 29 del cit. TUIR (nel testo vigente ratione temporis), nel definire il reddito agrario, prevedeva al comma 4 che non si consideravano "produttivi di reddito agrario i terreni indicati nell'art. 24, comma 2" (vigente art. 27) del cit. TUIR, ossia, tra l'altro, i terreni produttivi di reddito di impresa, di cui all'art. 51, comma 2, lett. c (ora art. 55) del cit. TUIR"; - per questa norma "si considerano redditi d'impresa anche "i redditi dei terreni, per la parte derivante dall'esercizio delle attività agricole di cui all'art. 29, pur se nei limiti ivi stabiliti, ove spettino ai soggetti indicati nelle lett. a) e b) dell'art. 87, comma 1 nonché alle" s.n.c. e s.a.s.". In base a tali disposizioni, secondo il Comune, "i fabbricati" delle "società cooperative di trasformazione e vendita di prodotti agricoli ... non possono considerarsi", "in ogni caso", "strumentali alle attività agricole e, conseguentemente, rurali" in quanto tali cooperative "producono, comunque, reddito d'impresa ai sensi dell'art. 81 (vigente 13), lett. a) del cit. TUIR". 4. La contribuente, affermato esser "noto" che "la sussistenza dei caratteri di ruralità comportano il mancato assoggettamento ad ICI del fabbricato in quanto a tale immobile non viene attribuito un autonomo reddito", oppone: - "il Comune ... ha ritenuto assoggettabile ad imposta il fabbricato utilizzato" da essa Cooperativa "sull'erronea convinzione che non sussistano in capo a tale fabbricato i requisiti previsti dalla normativa in ordine alla ruralità"; - dal D.Lgs. n. 504 del 1992, "art. 1, comma 2" ("presupposto dell'imposta è il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività agricola" recte: non "agricola" ma "dell'impresa") e dall'"articolo successivo" ("per fabbricato si intende l'unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano") "è evidente ... la volontà espressa dal legislatore nell'individuazione dei presupposti impositivi, vale a dire il possesso di un fabbricato ... e la sua iscrizione al catasto edilizio urbano", con la conseguenza ("ne consegue") che "i fabbricati rurali, in quanto iscritti al catasto terreni, sono pacificamente esclusi dall'assoggettamento all'ICI, in quanto non produttivi di reddito autonomo distinto da quello del fondo cui ineriscono" ("l'immobile di sua proprietà ... è stato correttamente censito nella categoria speciale D/10, ... fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole"); - il "D.L. n. 551 del 1993 ... ha demandato ai Ministero ... di provvedere al censimento di tutti i fabbricati rurali ed alla loro iscrizione nel catasto edilizio urbano" denominato "catasto dei fabbricati": "in base a tale disposizione anche i fabbricati rurali debbono essere registrati nel nuovo catasto dei fabbricati senza tuttavia perdere le prerogative loro proprie di ruralità"; - "è evidente l'assenza dei presupposti impositivi di cui al combinato disposto del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1 e 2" ("I quali prevedono la sottoposizione a tassazione degli immobili iscritti al catasto dei fabbricati e non di quelli iscrivibili al catasto dei terreni quale l'immobile de quo") avendo "il successivo D.P.R. n. 139 del 1998" chiarito "all'art. 1, che "le costruzioni strumentali all'esercizio dell'attività agricola diverse dalle abitazioni, comprese quelle destinate ad attività agrituristiche, vengono cernite nella categoria speciale "D/10 - fabbricali per funzioni produttive connesse alle attività agricole", nel caso in cui le caratteristiche di destinazione e tipologiche siano tali da non consentire, senza radicali trasformazioni, una destinazione diversa da quella per la quale furono originariamente costruite" e, all'art. 2, comma 3 bis, che "ai fini fiscali deve riconoscersi carattere rurale alle costruzioni strumentali alle attività agricole di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 29 (oggi art. 32)..." e prevedendo il "D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42 ... come modificato dal D.Lgs. n. 344 del 2000" che "non si considerano produttive di reddito di fabbricati le costruzioni o porzioni di costruzioni rurali ... destinate all'attività di manipolazione e trasformazione di cui al comma 2, lett. c) stesso articolo"; - "è ... indubbio che la classificazione nella categoria D/10 dell'immobile principale" di sua proprietà "rileva come elemento aggiuntivo circa la natura dell'immobile strumentale all'attività agricola da essa condotta, indipendente dalla circostanza che il Comune ... fosse o meno parte del ... giudizio di modificazione della classificazione catastale", nel quale è stata pronunciata "la sentenza n. 107/06/01 passata in giudicato"; - la "natura "rurale"" del suo fabbricato deriva dalla "incontestabile ... natura agricola dell'attività da essa svolta" ("nel senso più ampio di cui all'art. 2135 cod. civ." e dalla "incontestabile ... natura strumentale all'attività agricola rivestita dall'immobile" ("atteso che contiene tutte le attrezzature necessarie alla trasformazione e alienazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci"); - "i fabbricati rurali", censiti nel "catasto terreni ... (con la sigla F.R.)", "pur non essendo esplicitamente menzionati tra quelli esclusi e/o esenti dall'imposta, in forza del disposto del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 2, erano e sono sostanzialmente "esenti" dall'ICI in quanto privi di autonoma rendita catastale (... base imponibile ai fini ICI pari a zero), ovvero oggettivamente non assoggettabile ad ICI in quanto è il terreno sul quale insistono ad essere oggetto d'imposizione"; - "la ratio che sottende al D.L. n. 557 del 1993" (con il cui art. 9 "è stata prevista l'istituzione del cd. "Catasto dei Fabbricati", nel quale trovano iscrizione non solo tutti gli immobili ad uso abitativo, ma anche tutti quei fabbricati che fino ad allora non vi trovavano luogo in quanto pertinenze dei terreni sui quali insistevano") "è, primariamente, quella di effettuare un censimento di tutti gli immobili esistenti sul territorio nazionale e non ... quella di attribuire una rendita sia al terreno agricolo sia all'immobile rurale"; - sussiste il "requisito", "fondamentale ... al fine del riconoscimento della ruralità", dell'asservimento del fabbricato al terreno e della utilizzazione "per funzioni strumentali all'attività agricola", essendo stato "acclarato nel corso del giudizio di merito" che l'"attività" da essa svolta "rientra pienamente nell'esercizio delle attività agricole di cui al D.P.R. n. 917 art. 29, ora art. 32": "di qui la necessaria non assoggettabilità ad imposta del compendio immobiliare de quo". Infine la Cooperativa, dopo avere svolto ulteriori osservazioni a contrasto dell'assoggettabilità all'ICI del suo fabbricato per le altre ragioni addotte dal Comune, ricorda che questo non ha proposto appello incidentale avverso la statuizione del giudice di primo grado sulla "non debenza delle sanzioni stante, le obiettive condizioni di incertezza interpretativa sulla norma applicabile" e che, quindi, sulla stessa "si è formato il giudicato". 5. Il ricorso del Comune - i cui due riprodotti motivi vanno scrutinati congiuntamente per la loro intima connessione - deve essere accolto perché fondato.

A. in via preliminare, va ricordato (Cass., trib., 7 giugno 2006 n. 13334) e confermato che "il regime dell'ICI e delle relative esenzioni non può essere ricavato dalla disciplina normativa regolante l'imposizione diretta, e quindi essenzialmente dal T.U.I.R., bensì dalle disposizioni specificamente inerenti alla stessa imposta comunale sugl'immobili": in particolare (Cass., trib., 27 luglio 2007 n. 16701), che nella strumentalità dei fabbricati rispetto all'esercizio dell'agricoltura (...) considerata dal TUIR" - che interessa, in particolare, la fattispecie - "non ha assunto significato in materia di imposta comunale sugli immobili" (neanche, come si vedrà, dopo l'aggiunta della L. n. 133 del 1994, art. 9, comma 3 bis operata con il D.P.R. 23 marzo 1998, n. 139, art. 2 e successive modifiche e/o integrazioni).

B. L'Imposta Comunale sugli Immobili (ICI) - istituita (con decorrenza "dall'anno 1993") dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, per le sue caratteristiche strutturali, in base alle tradizionali classificazioni dottrinarie, va definita un'imposta territoriale (in considerazione della identica natura dell'ente pubblico impositore ciascun comune"), diretta (perché colpisce una immediata manifestazione di capacità contributiva) e, soprattutto, reale siccome considera, come "base imponibile", il valore in sé del bene immobile, a prescindere, in linea generale, da qualsivoglia condizione personale del titolare del diritto reale sullo stesso considerato dalle afferenti norme (salvo, ex art. 7, che ai fini dell'"esenzione").

C. "Presupposto" dell'imposta, come stabilito dal D.Lgs. istitutivo, art. 1, comma 2 è il "possesso" (a) di "fabbricati", (b) di "aree fabbricabili" e (c) dr "terreni agricoli", siti nel territorio dello Stato, "a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla, cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa". Per il successivo art. 2, n. 1 poi, per "fabbricato" si intende l'"unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano ...". Ogni "unità immobiliare" già iscritta o che, per le sua caratteristiche, deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano, quindi, costituisce, per definizione della legge in esame, "fabbricato" assoggettato all'imposta: di conseguenza il "possesso" di una "unita immobiliare" da considerare come "fabbricato" (perché iscritta o da iscrivere nel catasto detto) fa sorgere in capo al "soggetto passivo" (art. 3) l'obbligo di corrispondere l'ICI afferente. "Per i fabbricati iscritti in catasto", prosegue l'art. 5, il "valore" costituente la "base imponibile" è determinato "applicando all'ammontare delle rendite multanti in catasto, vigenti al 1 gennaio dell'anno di imposizione, i moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dal primo periodo dell'art. 52, u.c. del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131".

D. Dalle norme richiamate si evince la stretta ed imprescindibile relazione, da esse posta ai fini della individuazione della "base imponibile" - necessaria per la successiva determinazione (con l'applicazione dell'aderente "aliquota vigente" D.Lgs., art. 6, comma 3) del quantum dell'imposta dovuta, tra iscrizione (o necessaria iscrivibilità) in catasto di una "unità immobiliare" (con il connesso necessario riferimento alla nozione catastale di "unità immobiliare") e rendita catastale "vigente al primo gennaio dell'anno di imposizione" (art. 5, comma 2). Dalla medesima correlazione, inoltre, discende che il "dato" - sia relativo all'iscrizione che alla classificazione ed alla misura della rendita attribuite dal competente organo pubblico (dal primo gennaio 2001, l'Ufficio locale dell'Agenzia del Territorio; in precedenza, l'Ufficio Tecnico Erariale dell'allora denominato Ministero delle Finanze) - del singolo "fabbricato", quale risultante dal "catasto", ai fini della assoggettamento all'imposta e della determinazione del quantum dovuto a titolo di ICI, costituisce un "fatto oggettivo", non contestabile da nessuna delle parti (Comune e contribuente) del rapporto obbligatorio concernente questa imposta, neppure in via incidentale e limitata a tale rapporto, come impone di ritenere l'inciso dell'art. 5, comma 2 a mente dei quale (come visto) "per i fabbricati iscritti in catasto, il valore" della "base imponibile" è costituito "da quello che risulta applicando all'ammontare del le rendite risultanti in catasto" (cioè iscritte in catasto), "vigenti al primo gennaio dell'anno di imposizione, i moltiplicatori" validi ai fini dell'imposta di registro, ivi richiamati. L'incontestabilità detta, siccome limitata allo specifico rapporto d'imposta, ovviamente, non esclude né limita il potere del contribuente di chiedere la modifica (eventualmente in via di autotutela) ovvero di impugnare (in sede giurisdizionale) l'atto di accatastamento e/o di attribuzione delle rendita, con naturale ripercussione (ed effetto vincolante per le parti del rapporto ICI) del provvedimento definitivo. Come avvertito nella sentenza n. 9203 depositata il 18 aprile 2007 di questa sezione: - "il Comune è carente di autonoma legittimazione nella causa, relativa alla rendita catastale (Cass., trib., 10 settembre 2004 n. 18271)"; - "Il provvedimento di attribuzione della rendita, una volta divenuto definitivo (per mancata impugnazione da parte del contribuente, unico legittimato a tanto, o per intervenuta definitività del relativo giudizio di impugnazione), vincola non solo il contribuente ma anche l'ente impositore tenuto (per legge) ad applicare l'imposta unicamente sulla base di quella rendita la quale costituisce il presupposto di fatto necessario ed insostituibile per tutta l'imposizione fiscale che la legge commisura a tale dato"; - "l'eventuale contemporanea pendenza dei processi di impugnazione dell'uno e dell'altro atto fa sorgere (Cass., trib., 8 febbraio 2006 n. 2785) soltanto un vincolo di pregiudizialità logica del processo concernente l'attribuzione della rendita rispetto a quello avente ad oggetto l'atto di imposizione fiscale, con conseguente opportunità (Cass., 22 marzo 2006 n. 6386) di una trattazione simultanea in via di riunione successiva ovvero di iniziale litisconsorzio facoltativo o necessità (Cass., trib., 11 dicembre 2006 n. 26380) di sospensione, ex art. 295 c.p.c., del giudizio concernente l'atto di imposizione fondato sulla rendita catastale impugnata fino alla definizione di quello relativo a tale rendita".

E. La espressa sottoposizione ad imposta di tutti gli immobili indicati nella norma - inequivocamente desumibile dalla dichiarata irrilevanza (a) della destinazione dell'"uso" di ognuno e (b) dalla natura strumentale o "alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa" de - gli stessi, insieme con la (facilmente rilevabile) inesistenza, sia nella legge istitutiva che in altre, di una espressa, menzione della specifica qualità come scriminante in proposito, consentono di rilevare e impongono, quindi, di affermare che, in linea di principio, alla "ruralità" del "fabbricato" non può essere riconosciuta nessuna valenza diretta per escludere l'assoggettamento dell'immobile all'imposta de qua.

 F. L'excursus che precede impone di confermare che (Cass., trib., 27 settembre 2005 n. 18853) "secondo l'originario sistema delineato dal D.Lgs. n. 504 del 1992 e tenuto conto della disciplina normativa del catasto edilizio urbano (R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652; D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142) vigente, ratione temporis, al 1 gennaio 1993, data di entrata in vigore dell'imposta comunale sugli immobili (del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 50), i fabbricati rurali non erano soggetti all'ICI, nel senso che il possesso di tali fabbricati non costituiva presupposto del tributo, in quanto gli stessi alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 504 del 1992 non erano iscritti nel catasto edilizio urbano a norma del R.D.L. n. 652 del 1939, art. 4 e del D.P.R. n. 1142 del 1949, artt. 38 e 39". I "fabbricati rurali", quindi, non erano soggetti all'ICI non per già la loro "ruralità" ma, semplicemente, perché gli stessi "alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 504 del 1992 non erano iscritti nel catasto edilizio urbano".

 G. L'esposto, originario, tessuto normativo (come perspicuamente rilevato da questa sezione già nella sentenza n. 6884 depositata il primo aprile 2005) è stato "profondamente" inciso dal D.L. 30 dicembre 1993, n. 553, art. 9 (convertito in L. 26 febbraio 1994, n. 133) il quale - al fine (si legge nella decisione testè richiamata) di "scoraggiare" (melius, forse, regolamentare e/o fronteggiare, tenuto conto delle finalità "ulteriori interventi correttivi di finanza pubblica" perseguite dal tal D.L.) "il dilagante fenomeno di spacciare per rurali delle costruzioni che tali non erano" -"ha demandato al Ministero delle Finanze il compito di provvedere al censimento di tutti i fabbricati rurali ed alla loro iscrizione nel catasto edilizio urbano che per questo motivo, avrebbe perduto l'originaria denominazione per assumere quella di catasto dei fabbricati": "dopo tale iscrizione, però, i predetti fabbricati avrebbero potuto continuare a godere dei benefici fiscali della ruralità" solo in presenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi previsti dalla norma. Con la L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 156, di poi, il legislatore ha incaricato il Governo di emanare uno o più regolamenti che tenessero "conto del fatto che la normativa" doveva "essere applicata soltanto all'edilizia rurale abitativa ... e che" si doveva "provvedere all'istituzione di una categoria d'immobili a destinazione speciale per il classamento dei fabbricati strumentali, ivi compresi quelli destinati all'attività agrituristica": in esecuzione di tale delega, il D.P.R. 23 marzo 1998, n. 139, art. 2 ha modificato il predetto art. 9 e, posta la distinzione tra fabbricati a seconda della loro utilizzazione o meno come abitazione,- ha stabilito (excerpta da Cass. 6884/2005 cit.) che "la previgente normativa continuava ad essere applicabile soltanto per i primi, dato che per i secondi doveva riconoscersi carattere rurale a tutte le costruzioni strumentali alle attività agricole di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 29 ovvero destinate all'agriturismo od alla protezione delle piante, alla conservazione dei prodotti agricoli oppure alla custodia delle macchine, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione".

H. Il riconoscimento del "carattere rurale" delle "costruzioni strumentali alle attività agricole di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 29" (come delle altre destinate ai fini appena ricordati) per effetto del D.L. n. 553 del 1993, art. 9 però - diversamente da quanto concluso con le citate decisioni nn. 6884 e 18853 del 2005 di questa Corte, che sul punto, pertanto, non possono essere condivise, non ha determinato nessuna automatica né necessaria esclusione di quelle "costruzioni" dall'imposta comunale sugli immobili (ICI) perché, avendo le sopravvenute modifiche legislative sostituito il preesistente (allora nuovo) catasto urbano con il più generale catasto dei fabbricati, il riferimento al precedente catasto, contenuto nel richiamato art. 2, comma 1, lett. a) deve intendersi di poi relativo al neo istituito "catasto dei fabbricati", con la conseguenza che l'iscrizione (o la necessità di iscrizione) nel "catasto dei fabbricati" di una "unità immobiliare" costituisce, in base all'art. 1, comma 2 presupposto (necessario ma anche) sufficiente per la qualifica di tale "unità" come fabbricato ai fini dell'ICI e, quindi, per l'assoggettamento a tale imposta di quell'immobile. Si ricordi, infatti (anche a conferma della già rilevata "incontestabilità" del dato catastale nel processo riguardante l'ICI), che (Cass., trib., 17 giugno 2005 n. 13077): (a) "il principio generale al quale il legislatore dell'ICI sì è ispirato per la determinazione della base imponibile dei fabbricati è quello della utilizzazione delle rendite catastali" ("verosimilmente ciò è avvenuto per due motivi: il primo ... di agevolare al massimo il contribuente nella determinazione della base imponibile e dell'imposta, attraverso una semplice utilizzazione delle risultanze catastali facilmente acquisibili; il secondo, ... di escludere qualunque forma di discrezionalità nella individuazione del valore dei fabbricati, discrezionalità che avrebbe potuto creare un contenzioso abbastanza nutrito"); (b) "il principio della capacità contributiva per l'ICI relativa ai fabbricali è espresso in via definitiva e per la totalità dei fabbricati ... iscritti dalle risultanze catastali" (con la conseguenza che "quando il contribuente ha chiesto nelle forme di legge l'attuazione del principio della capacità contributiva, diventa del tutto irrilevante sul piano giuridico il tempo entro il quale l'ufficio emana l'atto").

 I. La logica coerenza interna dei principi richiamati, tratti dall'analisi delle conferenti disposizioni legislative, in una con l'evidenziata (per insussistenza di una specifica e diretta previsione normativa) irrilevanza della ruralità in sé di un fabbricato iscritto in catasto ai fini del suo assoggettamento all'ICI, consente, di poi, di apprezzare l'esatto e concreto valore degli incisi "agli effetti fiscali" (comma 3) e "ai fini fiscali" (comma 3 bis) contenuti nel D.L. n. 557 del 1993, art. 9 nel senso che tali "effetti" e/o "fini" sono solo quelli che una specifica disposizione fiscale attribuisce alla "ruralità degli immobili" od al "carattere rurale" delle "costruzioni strumentali", disposizione che come visto (e affermato da tutte le decisioni di questa Corte rese sullo specifico tema, quand'anche in riferimento al testo originario del comma 3 detto) non esiste per l'ICI: per questa imposta, infatti, la ruralità del fabbricato assume rilievo solo indiretto, come effetto della necessaria ed indefettibile correlazione posta dal legislatore tra iscrizione in catasto (con autonoma attribuzione di rendita) del fabbricato e sua assoggettamento all'ICI. Da tale corretta lettura, del conferente complesso normativo discende l'inopponibilità al Comune di qualsivoglia questione che incida sulla classificazione catastale del fabbricato e/o sulla rendita attribuita allo stesso, come, in specie, della sua "ruralità" ai sensi del D.L. n. 557 del 1993, art. 9: tale disposizione, come le modifiche e le integrazioni ad essa apportate (con il D.P.R. 23 marzo 1998 n. 139 e, di recente, con l'art. 42 bis introdotto dalla L. 29 novembre 2007, n. 222, di conversione del D.L. 1 ottobre 2007, n. 159), infatti, hanno influito (per così dire, "a monte" dell'ICI) sui criteri della classificazione catastale e dell'attribuzione della rendita ma non hanno importato il non assoggettamento all'ICI del fabbricato qualificato "rurale": l'esclusione dall'ICI di un fabbricato "rurale", infatti, può discendere solo dalla eventuale non attribuzione allo stesso di una rendita catastale perché agli effetti dell'imposta in esame l'iscrizione nel catasto dei fabbricati e l'attribuzione della rendita costituiscono presupposti necessari e sufficienti per l'assoggettamento dell'immobile all'imposta stessa.

L. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata perché la stessa, in violazione delle specifiche disposizioni che regolano l'ICI, ha erroneamente escluso l'assoggettabilità a tale imposta del fabbricato della Cooperativa in base alla irrilevante considerazione della natura agricola dell'attività svolta dalla stessa nell'immobile e non ha considerato che l'iscrizione (quand'anche nella categoria D/10) di quel fabbricato in catasto (già "urbano", poi "dei fabbricati"), con attribuzione di autonoma rendita, costituisce presupposto (necessario ma anche) sufficiente per l'assoggettabilità detta; la causa, quindi, va rinviata a sezione della Commissione Tributaria Regionale diversa da quella che ha pronunciato la decisione cassata affinché la stessa: 1) faccia applicazione del principio secondo cui la "ruralità" di un fabbricato iscritto in catasto con attribuzione di autonoma rendita non esclude l'assoggettamento del fabbricato stesso all'ICI ma produce i suoi effetti solo ai fini (antecedenti) a) dell'accatastamento e b) dell'(eventuale) attribuzione della rendita in quanto questi due fatti (contestabili unicamente nei confronti ed in contraddittorio dell'organo ora Agenzia del Territorio preposto alle afferenti operazioni e non del Comune, attesa la vincolatività dei dati catastali ai fini dell'ICI per entrambe le parti del rapporto concernente quest'imposta) costituiscono i presupposti indefettibili ma anche sufficienti perché un fabbricato sia assoggettato all'ICI, e; 2) provveda sulle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M. - La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Veneto.